La Turchia di Deniz Özdoğan in IstanbulBeat al BLoser sabato 20 ottobre. L'intervista

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Genova, 18/10/2018.

Sono anni che Deniz Özdoğan, attrice di origini turche naturalizzata italiana, calca i nostri palcoscenici in produzioni e ospitalità. È stata protagonista di moltissimi spettacoli in cartellone a Genova per esempio di recente al Duse in Fine dell'Europa di Rafael Spregelburg, in Le solite ignote sempre di Spregelburd ma con la regia di Manuela Cherubini, ma anche prima, nel 2014 con La tempesta per la regia di Valerio Binasco e già nel 2005 ne Il malato immaginario con Massimo Dapporto. Questa volta però è diverso. Deniz Özdoğan porta un lavoro tutto suo IstabulBeat: scritto e diretto da lei in collaborazione con Aleph Viola, e ovviamente , anche interpretato con la complicità del musicista Marco Tosto. In una conversazione facilitata dalla tecnologia abbiamo dialogato sul questo lavoro che apre, sabato 20 ottobre 2018 (ore 21), la stagione teatrale 2018-2019 al BLoser curata da Cristina Cavalli (tutte le date, i nomi e i titoli in fondo all'articolo).

Ecco che cosa ci siamo dette. Quando e perché hai deciso di scrivere questo testo? Voglio dire, si tratta di un'idea recente sollecitata dall'attuale situazione politica della Turchia - la riduzione delle libertà personali e dei diritti civili di questo presidente, Erdoğan? Oppure è un'idea che hai coltivata ma mai realizzata fino a oggi? «Questo testo è principalmente un mio urgente bisogno di far pace con certi miei fantasmi. Far sì che le mie radici, tutto ciò che mi ha partorito, modellato e anche tutto ciò da cui sono scappata, diventi un alleato, un punto di forza. Questo testo in fondo è un mio grande atto di guarigione. La Turchia sta passando uno dei momenti più bui della sua storia, così come il mondo, anche se in misure diverse. Ed è proprio adesso che io ho deciso di guardare là dove ancora non ero pronta a farlo. Probabilmente era semplicemente arrivato il momento. Come si dice nell’Ecclesiaste: Un tempo per nascere, un tempo per morire, Un tempo per uccidere, un tempo per guarire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace...».

Nelle parole di presentazione, mi pare si associ la Turchia a un ventre materno, tu la senti più madre o più padre la tua terra? E se madre perché non anche un po' padre e viceversa? «Esattamente quello che sto cercando di fare. Cerco di restituire la forza sia alla madre che al padre. Sono figlia di tanto amore, ma anche di tanta rabbia non espressa, trattenuta, di segreti scomodi, di tante ferite antiche. Credo come più o meno lo siamo tutti. La terra è femmina, ma perché ci sia vita ci vogliono i semi che sono maschi, perché questi semi possano germogliare ci vuole l’acqua, che è femmina e l’aria, che è maschio. Ognuno è essenziale, per il lavoro che fa, come meglio può. Se tutto questo accade in amore, se ognuno suona il proprio strumento con gioia, in una comune ricerca di armonia, come in una gigante orchestra, allora siamo felicemente maschi e femmine, in egual modo, a cantar la vita».

In scena Deniz Özdoğan è affiancata dal musicista Marco Tosto. Parola e musica, mi pare di capire, sono dunque al centro di questo tuo lavoro, ma la parola è narrazione? o poesia? e la musica come interviene? Come accompagnamento? Intervallo? Oppure è un'altra dimensione con cui entrare in dialogo e magari un personaggio? «Il tentativo è che tutto sia un unico flusso di coscienza, dove ogni elemento, la parola, la musica, il canto, la danza, il palco, il pubblico, l’attrice stessa, siano degli strumenti per arrivare a un atto poetico che liberi, che alleggerisca, che trasformi».

Istanbul, per come l'ho vista io anni, mi pare un'altra di quelle metropoli che all'interno di una nazione costituisce una cosa a sé; quasi uno stato nello stato, un po' come Londra in Inghilterra o Parigi in Francia. Istanbulbeat, da dove viene il titolo? Voglio dire si capisce che c'è un gioco di parole legato al concetto di ritmo, ma so che c'è anche un locale che si chiama BeatIstanbul quindi mi chiedo cosa si intende, quali altri sottotesti o rimandi Deniz Özdoğan vuole mettere in luce. «Beat come pulsazione, come tempo, come ritmo, battito, ma anche come picchiare, come sconfiggere, vincere, superare.... Avevo un po’ di conti in sospeso con la mia città Istanbul, un po’ di casini da mettere a posto, ma anche un debito di gratitudine e di amore da pagare. Lo farò in sette tempi, perché da noi i cuori battono in dispari... :-) ».

In rete ho trovato varie tue interviste e in tutte torna il racconto della tua formazione al Teatro Nazionale di Istanbul, mi è venuta l'urgenza di chiederti: e oggi è ancora possibile formarsi in questo teatro? Come si accede? C'è una selezione oppure è una questione legata alle classi sociali? Quanto costa? «Sorpresa! Non costa niente. È aperto a tutti. Ci si accede, sì, attraverso delle selezioni. Io avevo 5 anni, ma normalmente l’età media per far la domanda è 8 anni. È una parte imprescindibile del Teatro Comunale di Istanbul. Un’istituzione che esiste dal 1934. Ti prendono da piccolissimo, cresci all’interno del teatro, direttamente sul palco, studi con gli attori, i costumisti, i coreografi, i registi del teatro e inizi da subito a lavorare, negli spettacoli per bimbi fatti dai bimbi, ma anche negli spettacoli per i grandi quando serve un bambino, un ragazzino eccetera. È un sistema eccezionale. Anche se alla fine uno decide di non seguire quella carriera, diventa minimo minimo uno spettatore d’eccellenza!».

In Italia hai lavorato tantissimo con Valerio Binasco, c'è qualcosa che hai imparato da lui e non da altre/i? «Valerio è un mio amico magico, è il mio poetico capitano. Mi ha insegnato tantissimo. Mi ha regalato tantissimo. Con lui è decisamente un incontro di vita. Spero tanto che continueremo ad ispirarci, a stimolarci nella grande poesia. Ma il più grande regalo che mi ha fatto, credo che sia stato Aleph Viola, mio compagno, mio saggissimo padre dei nostri figli. Fu Valerio il mago, a farci incontrare e poi fu la Sandra Cardini, ancora prima di noi, a fiutare l’Amore».

Che cosa c'è in Turchia che manca in Italia, o che manca a te? «La mia famiglia. I miei amici. Il Bosforo. L’arte di bere facendo spazio anche alla malinconia, al cantar piangendo lentamente di gioia... I grandi caffè, dove puoi passare la giornata, leggendo, scrivendo, chiaccherando, pensando per ore, bere i tuoi miliardi di te, sorseggiare il tuo caffè, fumare, giocare a tavola (backgammon) eccetera e andartene quando è l’ora, pagando una miseria...».

La stagione teatrale 2018-2019 curata da Cristina Cavalli al teatrino di piazza Marsala, il BLoser prosegue con un calendario ragionato che porta in città artiste e artisti d'eccellenza, generosamente appassionati del proprio mestiere e folli abbastanza da scavalcare l'Italia per andare in scena sul piccolissimo eppur magico palcoscenico dello storico teatrino.

Ecco tutte date, protagonisti/e e titoli:

ottobre 20 (sabato) Deniz Ozdogan in IstanbulBeat

novembre 16 (venerdì) Massimo Rigo in Prof!

dicembre 1 (sabato) Walter Leonardi in A-Men short

gennaio 17 (giovedì) Ernesta Argira in Kitchen Stories, tutto l’amore è clandestino

febbraio 21 (giovedì) Marco Vergani in L'eternità dolcissima di Renato Cane

marzo 14 (giovedì) Sandra Zoccolan in Per una donna

aprile 6 (sabato) Cavalli, Napoleone, Nico, Serini in Niente Niente

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