Al Ducale le foto di Fulvio Roiter in mostra: un viaggio in bianco e nero

Fabio Liguori
Palazzo Ducale Cerca sulla mappa

Genova, 08/09/2018.

Le pareti grigie e le colonne in pietra della Loggia degli Abati di Palazzo Ducale a Genova, danno al visitatore la sensazione di tornare indietro nel tempo e di immergersi totalmente in un mondo in bianco e nero, come le fotografie esposte. In realtà, il mondo raccontato dagli occhi del fotografo veneziano Fulvio Roiter è una vera e propria tavolozza di colori. E l'essere umano, come un pennello, è in grado di mischiarli per creare infinite sfumature. Il mondo a scatti, srotolato dai rullini della macchina fotografica di Roiter, è tutto raccontato a Palazzo Ducale di Genova nella mostra Fulvio Roiter. Fotografie 1948-2007, che terrà compagnia a cittadini e turisti da sabato 8 settembre 2018 a domenica 24 febbraio 2019

L’esposizione, curata da Denis Curti, nasce dal contributo della moglie di Fulvio Roiter, Lou Embo. Sua è stata la volontà di allestire a Venezia, città natale del fotografo, una mostra che raccontasse, attraverso circa 150 fotografie, per la maggior parte vintage, tutta l’ampiezza e l’internazionalità del lavoro di Roiter, scomparso nel 2016 e considerato tra i fotografi più significativi dei nostri giorni. La mostra, nata nella città della Laguna, ha così raggiunto Genova per la sua seconda tappa italiana. Le fotografie di Roiter sono visitabili alla Loggia degli Abati del Ducale con orari da martedì a domenica dalle 10 alle 19 (lunedì chiuso). La biglietteria chiude alle ore 18. Il costo dei biglietti è di 10 euro intero, 8 euro ridotto, 3 euro il ridotto speciale.

Partendo dalle origini e dai primi approcci di Roiter alla fotografia nel pieno della stagione neorealista, che ha donato all'artista una grande finezza compositiva, il percorso della mostra racconta sì gli immaginari inediti che rappresentano Venezia e la laguna, ma anche i viaggi dell'artista veneziano a New OrleansBelgioPortogalloAndalusia e Brasile. Ne derivano 9 sezioni, ciascuna espressione di uno specifico periodo della vita e dello stile di Roiter: L’armonia del racconto; Tra stupore e meraviglia: l’Italia a colori; Venezia in bianco e nero: un autoritratto; L’altra Venezia; L’infinita bellezza; Oltre la realtà; Oltre i confini; Omaggio alla natura e L’uomo senza desideri.

Dietro le quinte della mostra, si nasconde il lungo lavoro del curatore Denis Curti: «La mostra ha una forte valenza estetica, anche perchè Roiter sapeva sempre ciò che voleva fotografare. Parliamo di un artista formatosi negli anni Cinquanta, quando andava di moda una fotografia umanista, una fotografia trovata per strada. Ma a questo, Fulvio Roiter aggiunge una parte di se stesso con la sua personale visione il mondo. Ho avuto il piacere di lavorare su un archivio fotografico completo, e proprio per questo motivo infinito: Roiter scattava in continuazione e non si fermava mai. Quindi all'inizio ho rinunciato a lavorare sulle sue fotografie, per dedicarmi allo studio dei suoi libri, dove aveva raccolto le foto più interessanti. Solo a quel punto, nel marasma del suo archivio ho potuto trovare le foto giuste per raccontare Roiter a tutto tondo. Pensavo di impiegare 6 mesi per con cludere l'allestimento della mostra... e invece ci ho messo 2 anni».

Denis Curti svela un simpatico aneddoto per raccontare la figura del fotografo di Venezia: «Uno dei momenti più esilaranti della vita di Roiter è senza dubbio quello di Mosca, dove il fotografo, in fila con gli altri nella Piazza Rossa, scatta una fotografia da dietro le transenne. Accortosi però di un mozzicone di sigaretta a terra, decise di scavalcare le transenne per togliere quell'elemento che lo infastidiva, per fare una foto perfetta... in fondo, a quel tempo photoshop non esisteva ancora. Ma un gesto simile era assolutamente vietato e il fotografo venne arrestato».       

Il lavoro e la sensibilità di Fulvio Roiter rivive ancora oggi nella figlia di Fulvio, Jessica Roiter, che ricorda il padre con grande affetto e ammirazione: «Mio padre diceva sempre che è difficile per un fotografo passare dal bianco e nero ai colori. Ma lui è riuscito comunque a raccontare il mondo in entrambe le versioni. Tutta la mia adolescenza è stata scandita dai viaggi insieme a mio padre: ogni volta lui si fermava ed esclamava ecco, eccola la foto! ... e così scattava. Io lo guardavo e non riuscivo mai a capire che cosa vedesse. Ma dopo ogni viaggio, scorrendo le sue foto, capivo cosa significava essere un fotografo».

Difficile infatti avere l'occhio di un fotografo, perfino per Jessica Roiter, che con il padre ha vissuto a stretto contatto: «Noi possiamo anche vedere una bella immagine e fotografarla, ma non sarà mai raccontata come la racconta un fotografo. A 18 anni ho partecipato ad un workshop insieme a mio padre e ad altri allievi ed ero convinta che avrei scattato foto belle come le sue. Quando sul vaporetto, lungo la via del ritorno, lui mi chiese Allora? Com'è andata?, io gli risposi Papà, ho capito che non farò mai la fotografa».

Vi va un'anteprima delle foto in mostra? Date un'occhiata alla photogallery :-)

Di Fabio Liguori

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