Ti Porto all'Opera: Madama Butterfly e Il barbiere di Siviglia all'Arena del Mare

Marcello Orselli

Genova, 03/07/2018.

Non siete mai stati all’opera? Nessun problema: l’opera viene da voi e precisamente al Porto Antico, uno dei luoghi della città più amati e frequentati sia dai genovesi che dai turisti. Ti Porto all’Opera è l’iniziativa di punta tra le tante del Teatro Carlo Felice in questa estate 2018: due classici del repertorio, Madama Butterfly di Puccini (26 e 28 luglio) e Il barbiere di Siviglia di Rossini (27 e 29 luglio), messi in scena nello spazio suggestivo dell’Arena del Mare - Porto Antico (inizio alle ore 21.15).

Con interpreti giovani, in gran parte scelti tra i numerosi talenti vocali che si sono formati nella nostra città. La più commovente delle opere commoventi e la più comica di quelle comiche: un doppio appuntamento da non perdere per innamorarsi dell’opera lirica immersi nella vivace e vitale atmosfera del Porto Antico by night. A prezzi vantaggiosi: 25 euro per gli adulti e 15 euro per gli under 26 (posti a sedere non assegnati).

Si parte, dunque, con Madama Butterfly, una delle opere più rappresentate al mondo, che nacque per caso. Nell’estate del 1900 Puccini assistette a Londra alla rappresentazione dell’omonimo dramma che David Belasco aveva tratto da una novella di John Luther Long. Non parlando inglese, non capì una parola, ma uscì da teatro ugualmente scosso: la tragica storia della giovane geisha giapponese che si uccide con onore dopo essersi consumata nell’attesa che ritorni da lei lo sbruffone tenente della marina americana Pinkerton, che l’ha sposata per gioco e le ha dato un figlio, non poteva essere più pucciniana. Cio-cio-san come Manon, Tosca, Liù, Mimì: donne che amano e che, amando senza riserve, muoiono.

Nel mettere in musica il libretto dei fidi Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, Puccini fece ricorso a tutta la sua abilità strumentale, melodica, armonica e, soprattutto, alla sua capacità stregonesca di trasformare in pucciniano tutto ciò su cui metteva le mani: in questo caso, le scale pentatoniche giapponesi, l’inno della marina americana, i richiami al Tristano e Isotta, le armonie arcaiche evocanti un mondo musicale lontano da quello europeo. Eppure, nonostante l’impatto emotivo della vicenda, l’immediatezza e il fascino timbrico e coloristico della musica, la prima milanese (al Teatro alla Scala il 17 febbraio 1904) fu un fiasco, uno dei più memorabili della storia dell’opera insieme a quello della Traviata di Verdi. Ma aveva ragione Giovanni Pascoli quando, in una cartolina inviata a Puccini dopo la disastrosa recita scaligera, profetizzò: la farfallina volerà. Ritoccata qua e là e divisa in tre atti invece che in due, la farfallina spiccò finalmente il volo il 28 maggio 1904 al Teatro di Brescia.

Sul podio dell’Arena del Mare, Alvise Casellati. E tre giovani cantanti nei ruoli principali: Federica Vitali (Cio-cio-san), Gianni Mongiardino (F.B. Pinkerton), Marina Ogii (Suzuki). La regia è di Vivien Hewitt, che, a partire da scene e costumi di proprietà del Teatro Carlo Felice, ha sviluppato una messa in scena di grande coinvolgimento. 

E poi Il barbiere di Siviglia. Un’opera irresistibile per trama e musica, tanto che è sempre arrivata a tutti. Persino al più serio dei filosofi, Hegel, che nel 1824 scriveva: «Ho sentito il Barbiere di Rossini per la seconda volta. Bisogna dire che il mio gusto deve essersi molto depravato, perché trovo questo Figaro molto più attraente di quello diMozart».

Il fatto è che il comico di Rossini era un comico del tutto nuovo, basato su intuizioni precedenti dell’opera buffa, sì, ma portate così alle estreme conseguenze da suonare inaudite e dirompenti. Il vecchio personaggio settecentesco dell’intrallazzone libertino, Figaro appunto, con Rossini (e il librettista Cesare Sterbini) diventa un uragano che travolge tutto ciò che c’è in scena; nessun Dottore tardone e gabbato dell’opera buffa era mai stato così tardone e gabbato come il Don Bartolo del Barbiere; nessuna aria non drammatica aveva mai raggiunto un’apoteosi drammatica (anche se per finta) come il “colpo di cannone” dell’aria della Calunnia di Don Basilio, lezione magistrale di crescendo rossiniano; e nessuno dei finali d’atto mozartiani, meravigliosi, si era mai spinto talmente oltre la ragionevolezza da arrivare alla vera e propria follia musicale e linguistica del Mi par d’essere con la testa in un’orrida fucina che chiude il primo dei due atti.

Anche per il Barbiere, diretto da Daniel Smith, direttore Principale Ospite del Teatro Carlo Felice , una squadra di affiatati interpreti legati a Genova e al suo teatro d’opera: Sergio Bologna (Figaro), Elena Belfiore (Rosina), Blagoj Nacoski (Il Conte d’Almaviva), Claudio Ottino (Bartolo), Giovanni Battista Parodi (Basilio), Marta Calcaterra (Berta), Giuseppe De Luca (Fiorello/Un ufficiale). La regia, firmata sempre da Vivien Hewitt, si inserisce in quella tradizione che da sempre valorizza il divertimento e l’audacia di una delle opere più comiche – musicalmente e teatralmente – di tutti i tempi.

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