La nuova produzione Narramondo, Noi è una drammaturgia d'emergenza. L'intervista a Carlo Orlando

Genova, 07/06/2018.

Noi è «una specie di pronto intervento di drammaturgia», afferma Carlo Orlando, interprete e regista di questa scrittura teatrale originale elaborata da Danilo Macrì appositamente per la nuova produzione di Narramondo Teatro - in scena l'8 e il 9 giugno 2018, all'Altrove - Teatro della Maddalena. Il tema è il bruciante presente e siccome è stata scritta «giorno per giorno» in un certo senso si avvicina all'idea di instant play, anche se la stesura non si è consumata tanto rapidamente.

Si affronta il nostro presente «adottando un punto di vista prettamente teatrale: nel testo una sola voce affabulante e ragionante, riflette e battaglia in un corpo a corpo con ciò che accade intorno però in maniera "lontana e un po' allucinata" -  per dirla con le parole di Macrì. Un ragionare sconnesso, dove si procede per associazioni, mentre si cerca di cucire piccoli aspettti della nostra realtà, legati al sentire del passato, che si connettono a riferimenti poetici e intellettuali. Alla fine si tenta di ricostruire una mappa per orientarsi in un tempo dove i parametri sono deflagrati». 

Un testo per voce sola che però Orlando ha spacchettato portandola in scena tramite il corpo e le vocalità di 4 interpreti. «L'abbiamo trasformata in un coro a 4 voci. Siamo Narramondo quasi al gran completo: Eva Cambiale, Elena Dragonetti, io (Carlo Orlando, anche regia, ndr) e Raffaella Tagliabue. Il flusso di coscienza si scompone e ricompone nello svolgersi dello spettacolo. La natura drammaturgica della voce chiamava una molteplicità di voci che si esprimono, si contraddicono, e dibattono, cambiando argomento e riprendendo là dove pensano di aver trovato una strada comune. Una scrittura ricchissima di quella coralità di interventi, tic verbali, ricorrenze espressive entrate nella nostra quotidianità, che vengono trasformate in oggetto di riflessione». 

La collaborazione con Danilo Macrì - già per Narramondo traduttore per La guerra non ha volto di donna, di poesie di Anna Achmatova dal russo - è una prima volta per la compagnia, che ha spesso riscritto, adattato e rielaborato materiali letterari e saggistica, ma non si era mai confrontata con una drammaturgia originale nel suo farsi e dunque con il suo autore. «Di quello che Macrì ha scritto c'è tutto, ma è un testo che ha vissuto di tagli, aggiustamenti, aggiunte, verifiche. In questo senso è un vero instant play: un teatro contemporaneo, nel senso dell'etimo, che avveniva in contemporanea a una realtà che si cercava di ordinare in senso speranzoso».

Riflessione drammatica o tragica? Perché: Noi? «Per riconoscerci anche nelle fragilità. Una convocazione a prendere coscienza». Il titolo del play rievoca il romanzo distopico dell'autore russo Yevgeny Zamyatin, We, scritto nel 1921e pubblicato per la prima volta in America nel 1924, in cui si descrive un mondo armonioso all'interno di una dittatura. «L'intenzione è vedere la realtà non esporre idee, non c'è nulla di ideologico, è un procedere per immagini, in un meccanismo di straniamento con legami non diretti».

Attraverso la regia, Carlo Orlando diventa di fatto co-autore della drammaturgia di Macrì sovrascrivendo intenti e strutture. Le 4 voci determinano identità distinte oppure restano emanazioni diverse di quell'unica voce della pagina scritta? «La struttura del testo si è alla fine concretizzata in un prologo e tre quadri. Il prologo compatta il coro che, nel seguire il flusso di realtà, si compone e ricompone, mentre al suo interno crescono cori e sottocori. Sono 4 voci ma non 4 personaggi. Al massimo nella scissione si può parlare di un capocoro e di un coro portante. Eravamo partiti con l'idea di una vera e propria mises en espace quindi con il copione in mano, poi abbiamo lavorato sugli spazi e su un'azione drammaturgica che accade in un luogo astratto ma delimitato. Quad di Samuel Beckett (un testo scritto per la televisione nel 1981 e andato in onda in Germania per la  Süddeutscher Rundfunk, ndr) ci ha ispirato molto, anzi lo abbiamo proprio studiato per trarne la regola e creare una struttura poetica a cui fare riferimento per una narrazione che muovesse i corpi, come a cucire punti. Una fisicità astratta che rendesse evidente una forma geometrica e manifestasse la legge del palcoscenico».

Un testo che si colloca nell'attuale e vorace "presentismo"? che scaccia il pauroso passato e l'altrettanto buio futuro? Oppure si tratta di osservare un presente collocato nel tempo? «Tutto nasce da una necessità forte: vedere il senso di accerchiamento che viviamo, riconoscerlo, non per esorcizzare paure ma, come diceva Brecht: "Le domande che ci poniamo troveranno risposte prevalentemente in noi". Provare dunque a tessere un tracciato per una visione ampia del nostro presente compresa la nostra storia. Ogni tanto si fa un balzo indietro a rintracciare la radiazione fossile da cui tutto è partito per capire dove si sta proiettando l'onda. Alle volte è importante tornare a dire noi, per la necessità di vincere, più che esorcizzare, il sentimento di smarrimento e accerchiamento. Riconoscendosi e specchiandoci c'è una consolazione attiva, una forma di speranza che si ritrova».

@  Altrove Teatro della Maddalena

8-9 giugno 2018 - ore 21
Noi - Mise en espace 
di Danilo Macrì
con Eva CambialeElena DragonettiCarlo OrlandoRaffaella Tagliabue
regia Carlo Orlando
produzione Narramondo & Altrove Teatro della Maddalena.

Info e bigliettiinfo@teatroaltrove.it; +39 010 9753672. Per prenotazioni via sms e whatsapp contattare il numero +39339 8657158

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