Il teatro di Elise Wilk porta in scena gli orfani bianchi della Romania

P. Lanna

Genova, 31/05/2018.

Un gruppo di adolescenti. Una scuola, una classe, i gabinetti delle femmine, la discoteca, la strada. Gli amori, le amicizie, i tradimenti, il bullismo. Potrebbe essere una drammaturgia come tante altre quella di Aeroplani di carta (titolo originale Avioane de hârtie) della scrittrice rumena Elise Wilk, ma in realtà non lo è. Lo spettacolo, in scena alla Sala Mercato (Teatro dell'Archivolto) fino al 9 giugno, è il secondo titolo (leggi la recensione di BU21) della  XXIII edizione della Rassegna di Drammaturgia Contemporanea della stagione Insieme - Teatro Stabile/Teatro dell'Archivolto, quest'anno sia alla Piccola Corte (Corte Lambruschini) che alla Sala Mercato.

Il bullismo, la rabbia, i tentativi disperati di far soldi vendendo i propri baci sono la risposta all'abbandono. Dopo il 1989, con la caduta del regime comunista e, in numero crescente a partire dal 2007, con l'ingresso della Romania nell'Unione Europea, l'emigrazione si è intensificata per la mancanza di lavoro in molte aree del paese, specie del sud. Molte bambine e bambini hanno visto e ancora oggi vedono partire uno o entrambi i genitori e non li vedono più per anni (qualcuno resta in contatto via Skype). Lo scorso marzo (2018) le statistiche ufficiali del 2017 parlavano di 96.000 minori lasciati in affidamento a parenti, amici o vicini di casa, ma alcune organizzazioni non governative parlano di numeri molto diversi: sarebbero circa 350.000 i minori diventati "orfani bianchi" (online si trova un servizio della BBC del 2016 sulla vicenda).

La destinazione dei genitori spesso è l'Italia, ma anche Spagna e Inghilterra figurano. Il disagio giovanile crea disturbi del comportamento, l'abbandono della scuola, casi di prostituzione giovanile e abusi, ma anche forme di depressione tanto gravi da indurre al suicidio anche bambini molto piccoli. Il fenomeno si aggiunge a una situazione già molto critica legata ai bambini abbandonati, malati, handicappati e orfani e alla loro reclusione in istituti, un vero e proprio caso nazionale portato all'attenzione dell'Europa per cui è stato avviato un lungo percorso di riforme fin dai primi anni novanta sui diritti dei minori per cui si è arrivati alla chiusura di moltissimi istituti statali in cui i bambini erano reclusi e trattati in modo disumano.

Non si tratta di alterare la realtà dunque creando scenari distopici; si tratta di scrittura teatrale che documenta un fenomeno storico della società contemporanea rumena. «Sono una giornalista­», mi spiega Elise Wilk, in visita a Genova per assistere alla produzione del Teatro Stabile di Genova/Teatro dell'Archivolto in collaborazione con PAV e il progetto europeo dedicato alla scrittura teatrale Fabulamundi. La scrittura è stata nelle corde di Elise fin da bambina: «Ho cominciato a scrivere quando avevo 8 anni: soprattutto poesia e storie brevi. Poi a scuola ho scoperto il teatro e dopo un periodo di pausa nel 2008 ho scritto il mio primo testo per la scena» - si intitola It happened on a Thursday (È successo di giovedì) e ha vinto il premio di  scrittura teatrale “dramAcum”). Padre tedesco e mamma rumena, Elise Wilk è bilingue ed è cresciuta a Brașov, la seconda città della Romania nota per la comunità di Sassoni Transilvani, una popolazione di orgine germanica insediatasi nel paese sotto la monarchia ungherese per sostenere il regno contro popolazioni di invasori. Oggi si tratta di una piccola comunità di circa 15.000 persone, ancora piuttosto numerosa negli anni trenta del novecento (circa 300mila persone).

Capo redattrice del settimanale Karpatenrundschau, che si occupa di politica e cultura, Elise Wilk è stata in passato anche una giornalista investigativa. «Oggi però  - confessa sorridendo -  la mia attività principale è la scrittura per il teatro», traduce anche testi dal tedesco. E se si tratta di giornalismo preferisce scrivere di viaggi ed evasione. Come mai? «Perché tanto non si riesce a cambiare niente. Un tempo credevo che scrivendo sarei riuscita a far cambiare tante cose: avrei mandato in galera tutti i corrotti. Ma poi le cose non sono andate proprio così e, anche se qualche politico corrotto è finito poi in carcere, il sistema non è cambiato». 

Indagare il presente è rimasta però una forma mentis e la drammaturgia di questa trentenne, entra nel reale a partire dall'incontro e dialogo con le persone e dai fatti di cronaca. Da dove è partito l'interesse per la condizione degli adolescenti? «Ho cominciato a lavorare per un progetto a Târgu Mureș rivolto a giovani studenti universitari, 22-23 anni circa. Da lì è nata la prima parte di quella che oggi è una trilogia. Si intitola The green cat ed è il testo che ha avuto più successo e diffusione ad oggi sia in Romania che all'estero». Questo primo lavoro (tradotto in italiano e disponibile in ebook) ha rappresentato anche la prima tappa della fortuna europea che la scrittrice si è via via costruita. Nel 2013 è stato proprio grazie a questa drammaturgia a sei personaggi, presentata in forma di reading teatrale, che Wilk è arrivata in Italia al Short Theatre Festival di Roma grazie a Fabulamundi. Al centro della vicenda una ragazzina che va in discoteca e poi scompare. «Un crimine di cui si scoprono i dettagli e come in aeroplani di carta non ci sono adulti tra i personaggi». L'ultimo atto della trilogia è un monologo e si intitola Crocodile «protagonista questa volta un ragazzo transgender». Come mai un monologo? «Ho sempre desiderato scriverne uno e ci sono riuscita». Più facile o più difficile rispetto alla scrittura a più voci? «Meno semplice di quanto mi aspettassi. Non c'è nessuno che aiuta il personaggio e nessuno che ti assiste mentre scrivi la sua storia. Spesso i personaggi si scoprono nel confronto con gli altri, qui è stato più difficile avvicinarli». La prima produzione di quest'ultimo scritto è in programma per il prossimo settembre in Romania.

Nel 2016, un altro lavoro di Elise Wilk è arrivato in Italia, si tratta di  Room 701: «la regia l'ha curata Ciro Masella per Intercity Festival al Teatro della Limonaia che due anni fa aveva un focus sulla Romania. È un testo scritto nel 2013: 4 storie che accadono tutte nella stessa stanza in 4 notti diverse».

Dopo questa trilogia che cosa hai in mente? Quale argomento pensi di affrontare? «È stato un anno molto impegnativo. Mi sono arrivate tre richieste su commissione da tre diversi teatri. Il primo è un teatro ungherese che mi ha commissionato un testo, un mockumentary, sulla condizione climatica estremamente rigida di una particolare località». Che richiesta bizzarra. Ma il freddo è anche una condizione sociale oltre che legata al tempo atmosferico? «Sì. In parte ho preso ispirazione dall'incontro con gli attori della compagnia. Le temperature rigide hanno effetti molto diversi sulle persone. Poi li ho intervistati tutti individualmente. Il secondo lavoro, per un teatro rumeno, prevede tre attrici e affronta il tema della pedofilia. Le tre donne non si conoscono ma sono tutte legate all'uomo pedofilo: una è la moglie, una è la madre con cui lui stesso non ha alcun rapporto, quindi c'è la vittima. Sono tre monologhi, ma gradualmente le donne finiscono per incontrarsi e entrare in dialogo, così le loro storie si intrecciano. Infine, il terzo testo che ho scritto mi è stato commissionato da una direttrice di teatro donna che voleva scrivessi per 12 attrici le cui età vanno dai 26 ai 65 anni. Anche in questo caso le ho incontrate e poi ho deciso di mettere al centro della storia una ragazza e farle incontrare le altre 11 donne, ognuna con la sua storia ma alla fine legate dal un file rouge. Tutto parte da alcune foto della ragazza nuda che vengono fatte circolare via cellulare. Si parte da un caso specifico e da quello che ne consegue, ma poi si toccano tanti altri temi legati alla femminilità: invecchiare, la pressione della società rispetto alla maternità, la relazione con gli uomini».

Ti ritieni una femminista? «No. Almeno non una femminista radicale. Certo, sono per la parità dei sessi, ma credo nella diversità e quindi non mi dispiace che mi si ceda il passo, mi si aiuti con le valige o mi si apra la porta per salire in macchina, non sono tra quelle che oppongono resistenza e vogliono far tutto da sole». Ti sei occupata di figure della società spesso più fragili: gli adolescenti e le donne. Quanto di te c'è in queste tematiche? «Raccontarli significa entrare nella dimensione intima delle persone e delle loro vite. Significa anche raccontare la forza dell'immaginazione che ci aiuta a superare le difficoltà quotidiane e ad affrontare il mondo in generale». Sei mai passata dalla scrittura alla regia o hai mai pensato di farlo? «No, non mi interessa. Mi piace che altri se ne occupino perché aggiungono sempre un altro livello di significato».

Ti è piaciuta la regia di Fiorenza Pieri? «Sì, ho apprezzato molto il modo in cui ha utilizzato i banchi di scuola. Davvero molto efficace». Elementi di cui Pieri sfrutta tutto il potenziale iconico ma anche simbolico senza perdere l'occasione di utilizzarle per offrirci una prospettiva quasi cinematografica dei protagonisti: impegnati a scrivere un tema di classe, con i banchi a terra, i ragazzi alzano la testa in avanti e sembrano osservati dall'alto, da una telecamera che ci fa entrare nei loro pensieri mentre individualmente svelano con le loro parole come vivono l'assenza dei genitori. Per Andra persino la pizza diventa odiosa rappresentante di quell'altro mondo che l'ha rapinata dell'affetto più caro, per cui è decisa "Mai più pizza! Così gli italiani diventeranno poveri e si rimetteranno a lavorare permettendo ai rumeni di tornare a casa".

Una produzione interessante sia per testo che per drammaturgia scenica: da vedere.

30 maggio al 9 giugno
@ Sala Mercato - Teatro Modena 

Aeroplani di carta (Avioane de hârtie)
di Elise Wilk

versione italiana Roberto Merlo
interpreti Francesco Bovara, Roxana Doran, Giada Fasoli, Marisa Grimaldo, Gianmarco Mancuso, Federico Pasquali 
regia Fiorenza Pieri
produzione Teatro Stabile di Genova, in collaborazione con PAV e Fabulamundi 

La  XXIII edizione della Rassegna di Drammaturgia Contemporanea 2018 prosegue con:

> “BU21” di Stuart Slade @ Piccola Corte fino al 2 giugno;

> “Le solite ignote” di Rafael Spregelburd nell’adattamento di Manuela Cherubini, @ Piccola Corte dal 7 al 17 giugno;

> “Il cerchio rosso” di Vitaliano Trevisan, @ Sala Mercato dal 13 al 23 giugno;

> “L’angelo di Kobane”di Henry Naylor, @ Piccola Corte dal 20 al 30 giugno.

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