Joel Cathcart: «Flotsam, un album post-apocalittico»

La Claque - Teatro della Tosse Cerca sulla mappa

Genova, 09/02/2017.

Nella terra che nessuno conosce soffia un vento che prende di taglio e splende un sole leggero come il sale del mare. Sulla battigia di questo tempo-non tempo, sull'arena di questi attimi ibridi, stanno relitti, segni di un prima che chissà dov'era.

Si intitola Flotsam, l'ultimo album di Joel Cathcart, artista che, partendo dall'Irlanda del Nord, dopo un dottorato in composizione alla Queen's University Belfast, ha viaggiato tanto da arrivare a Genova. Profondo come i campi d'Irlanda e segreto come i vicoli di quella Superba che, per il momento, ha scelto come casa, Cathcart presenta un disco che - scherzando (ma forse non troppo) - definisce post-apocalittico. In uscita a febbraio 2017, disponibile in copia fisica durante le serate dal vivo di Cathcart o online su Spotify, iTunes e Bandcamp, sarà presentato mercoledì 22 febbraio (ore 21.30) a La Claque.

«Flotsam è una parola strana anche in inglese. Significa relitti, oggetti spiaggiati, trovati dopo un evento capace di rompere la normalità. Sono frammenti, simboli, schegge di vita quotidiana che non ci sarà più», afferma. Avvolti da un enigma muto, da un alone sospeso, i Flotsam di Joel Cathcart parlano di disastri, dei postumi di eventi creati dall'uomo, di erbe che crescono nel caos, ma anche di silenzio, quel silenzio, che, inevitabilmente segue e ha la consistenza della nebbia. In questi Flotsam trova posto anche Genova e l'alluvione che l'ha colpita nel 2014, colta attraverso le tracce che hanno seguito l'evento.

La serata di mercoledì 22 febbraio a La Claque si preannuncia come un crocevia di espressioni artistiche. Nel foyer del teatro, infatti, saranno esposte le illustrazioni del genovese Michele Lepera che, attraverso disegni a matita, ha creato dei flotsam visivi, pezzi di corpo umano che si confondono in ciò che viene cantato da Cathcart. Un mondo ibrido, alterato, che rimane sospeso nel dopo. «Ad accompagnarmi sul palco - continua il musicista - ci sarà una band con cui tenteremo di ricreare l'atmosfera presente nel disco. La serata, che avrà anche un aspetto teatrale, con un narratore, sorta di sopravvissuto, a fare da fil rouge, sarà aperto da un duo. Il tema è quello di raccogliere canzoni che arrivano spiaggiate da vari paesi».

Flotsam, co-prodotto da Tom Stearn, frontman di Kettle of Kites, riunisce nove brani inediti che ci portano alla scoperta di un altro aspetto dell'artista. «Rispetto a Praglia, l'album precedente, mi sono lasciato maggiormente andare come compositore», afferma. L'intimità di chitarra e voce di «un disco veramente compatto, registrato tutto da solo in una casetta di legno sui Piani di Praglia», in Flotsam, ha lasciato il posto «a strumenti che non hanno un amalgama coesa, che sono come frammenti».

In questo scenario di suoni che si incontrano e si contaminano a vicenda, la parola si fa semplice, essenziale, «una poesia molto densa, distillata, quasi un haiku», per usare le parole di Cathcart.

Come in Narwhal, dove si ricorrono poche parole. Le stesse che creano un'atmosfera di incanto. «Il narvalo, animale molto raro, diventa un simbolo. In un mondo globalizzato, questa sorta di balena cornuta, di unicorno spiaggiato è fuori contesto. Il narvalo potrebbe essere una presenza profetica, un punto interrogativo, in un mondo dove la natura sta diventando il termometro dell'agire umano sul pianeta». Questa muta, mitica presenza però non risolve e rimane «l'ambiguità tra profezia e esplorazione del post-evento, tra memoria e frammenti».

Anche la presenza umana viene meno, si riduce, lascia spazio. Come in Insufficient Grounds dove Joel Cathcart ci restituisce l'immagine di un'«autostrada abbandonata. Luogo simbolo del mondo industriale, solitamente animata dal traffico, qui si fa area vuota». Diventa un novello luogo di pellegrinaggio, toccando quell'idea per cui «le persone vanno alla ricerca di ciò che è sfuggito».

Questi frammenti, questi spicchi di essere sembrano essere l'unico modo per cercare di arrivare all'interezza, che necessariamente si trova oltre.

Come le definizioni che Cathcart rifugge, etichette capaci di ingabbiare, di chiudere le mille aperture che la curiosità apre. Arrivato a Genova senza sapere la lingua, senza punti di riferimento, solo nella «purezza della sfida», in quel «salto nel buio» forse necessario per capire la propria «identità artistica», la città è diventata sempre più casa per lui, un luogo da esplorare, complice quello spirito da flâneur, per usare una sua immagine, capace di prendersi tempo per vagare, osservare, capire che la strada tra due punti può schiudere infinite possibilità.

Lui, che suona diversi strumenti tra cui l'hang, che compone, che dipinge, sembra assomigliare a quella natura che ama. «Mi interessa il caos che la natura rappresenta, quel caos bello e complesso diverso da quello distruttivo che è il nostro». Fatto di un'energia feconda che lascia spazio alla sperimentazione.

A marzo 2017 Joel Cathcart sarà anche protagonista di una mostra in Sala Dogana a Palazzo Ducale: Rizoma. In esposizione «la collisione tra architettura e natura, la lotta continua tra i sogni e la rigidità degli spazi». A darle forma, un albero che, incastrato nel cemento, spacca i bordi che lo contengono.

Un necessità fisica, vitale di andare al di là, di crescere: come la musica è per Cathcart un «bisogno viscerale di creare». È per dare più forza a questo intimità che l'artista sceglie spesso posti insoliti per esibirsi, dove l'ascolto, quello vero, ritorni centrale. Concerti a casa di gente anche sconosciuta, in botteghe, in gallerie d'arte: «scelgo spesso luoghi dove solitamente la musica non c'è, così da stimolare la curiosità e un approccio vergine con un pubblico che sia disposto prima ad ascoltare e poi ad analizzare», riflette. Note lanciate per aria e poi riprese, distillati di senso bevuti con calma, resti spiaggiati dopo una cesura dei sensi.

Joel Cathcart presenta il suo nuovo album Flotsam a La Claque mercoledì 22 febbraio.
Accompagneranno Mattia Tommasini (violino), Stefano Bergamaschi (ottoni), Lorenzo Guacciolo (banjo), Pietro Martinelli (contrabasso) e Lorenzo Bergamino (percussioni).

Attore-narratore della serata Agostino Corioni. In apertura: Duo Maldestro (Laura Torterolo, Mario De Simoni).

Nel foyer del teatro verranno esposte le illustrazioni di Michele Lepera.

Di Federica Burlando

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