
Genova - Il Ruggito del titolo di questo nuovo studio di Balletto Civile - in scena ancora stasera, mercoledì 22 aprile alla Tosse - arriva forte e chiaro da Michela Lucenti che danza il dolore e la compostezza che spesso lo veste, quella che ci fa asciugare le lacrime e rimettere a posto un gesto, una smorfia del viso uscitaci per sbaglio.
Il ruggito di Lucenti è percepibile a pelle, il suo dolore è grande. Il suo corpo si spezza, si fa disarticolato, claudicante, abnorme nel gesto. Poi percorre anche il suo opposto: si prova in una relazione improvvisata con un clown il cui palloncino rosso sfugge via in un soffio proprio come il bambino perso dal personaggio di Lucenti.
Per necessità umana, il corpo affossato nel dolore chiede anche istintivamente di uscire dalla sofferenza e incontrare una traccia - qualsiasi - di piacere. Un tabù. Eppure, dentro, il lutto, per quanto paradossale possa suonare a dirlo, il baratro in cui ogni perdita può calarci, può chiedere anche questo: un colpo di reni che dopo una quasi caduta all'indietro ci riporti in avanti verso una nuova postura eretta che non può più, o non vuole più, somigliare a quanto c'era prima, vuole piuttosto raccontare la perdita.
Meno chiari, definiti, godibili, i ruggiti degli altri 5 personaggi: un clown, un cuoco, una manager, un'addetta alle pulizie, un aspirante attore (anche di film hard core, purché sia il cinema). Fisicamente meno comunicativi, concettualmente forse ancora creature in bozza, efemere il cui volo è ancora da venire, per non parlare di un ruggito che forse non è neppure per natura previsto.
Il collage di esistente è interessante, i momenti corali un po' troppo slacciati, gli assolo parlati, danzati o cantanti coinvolgenti e convincenti solo parzialmente. Un work in progress che senz'altro soffre anche di uno spazio che ne limita un respiro ancora da perfezionare e da rendere profondo.
Verrebbe voglia di vedere davvero volare queste efemere e, fuor di metafora, vederle invadere e paralizzare intere città come succede in certe parti dell'America. Verrebbe voglia di vedere questi individui esprimere tutta la loro contraddizione, disagio, inadeguatezza senza che il loro momento monologante (in danza, recitato o cantato) contenesse elementi che li riducano a macchiette. Vorremo che come le efemere continuassero ad essere agili in acqua quanto in volo, in movimento e nel cantato - che è una parte curata (molto intenso il duetto locale con Lucenti) e può solo crescere.
Vorremmo che il ruggito delle persone comuni prevedesse ognuno di noi, come se tutti in un ipotetico non-luogo come un centro commerciale, un ipermercato o super discount, fossimo con il nostro anonimato sovrapponibili gli uni alle altre, fossimo dannosi le une agli altri, indipendentemente dal nostro status sociale, professione, ma più in funzione della nostra capacità di ruggire e quindi reagire. Questo esacerbato e frustrato individualismo in cui ci siamo cacciati si potrebbe raccontare ancora di più a partire appunto da reazioni più che a partire da stati.
Un lavoro da seguire.