Paolo Villaggio è morto: addio Fantozzi, «libero di volare»

Elena Torre - Flickr.com

Genova, 03/07/2017.

Paolo Villaggio aveva 84 anni ed è stato la figura simbolo del cinema comico italiano a partire dagli anni Sessanta. Genovese doc, amico di Fabrizio De Andrè, Paolo Villaggio è morto a Roma. Lo ha annunciato sua figlia Elisabetta sulla sua pagina Facebook, con una breve frase: «Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare».

Il suo tragicomico impiegato Ugo Fantozzi ha fatto la storia, prima sul piccolo schermo, poi al cinema. Era il 1968 quando Villaggio esordisce nel programma d'intrattenimento Quelli della domenica, presentando il suo Giandomenico Fracchia, altro personaggio diventato mitico. In quegli anni la televisione apre le sue porte a Paolo Villaggio e ai suoi personaggi. Ma è negli anni Settanta che il personaggio di Fantozzi assume definitivamente le caratteristiche che lo renderanno famoso al cinema: Paolo Villaggio pubblica sulla rivista L'Europeo i racconti tratti dai monologhi delle sue trasmissioni, e Fantozzi avrà qui uno spazio sempre maggiore. Il libro che ne uscirà fuori, pubblicato nel 1971, diventerà un bestseller.

Passano pochi anni e Fantozzi diventa protagonista anche al cinema: nel 1975 esce il primo film, la cui regia viene affidata a Luciano Salce. E pensare che l'attore genovese è diventato Fantozzi un po' per caso, complice, forse, quel pizzico di fortuna che, al suo personaggio più celebre è sempre mancata: «non si trovava il protagonista» - aveva raccontato Paolo Villaggio a mentelocale.it - «i prescelti erano Renato Pozzetto e Ugo Tognazzi, ma entrambi erano impegnati su altri set: allora ci provai io». Dopo quel primo episodio ne seguirono altri novi, consegnando definitamente il ragionier Fantozzi e il suo mondo alla storia del cinema.

Non solo comicità, però, nel percorso artistico di Paolo Villaggio: l'attore genovese nella sua carriera si è confrontato anche con parti più drammatiche, lavorando con i grandi registi del cinema italiano. Indimenticabile il suo maestro in Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller, dove Villaggio interpreta un insegnante del nord Italia catapultato a Napoli, tra i suoi piccoli protagonisti e le loro vite. Da segnalare anche la sua apparizione ne Il segreto del Bosco Vecchio di Ermanno Olmi e Cari fottutissimi amici di Mario Monicelli. Una carriera, quella nel cosiddetto cinema d'autore, a cui ha dato il la l'incontro con Federico Fellini che lo ha voluto per La voce della luna.

Premiato con il Leone d'oro alla carriera della Mostra del Cinema di Venezia e il Pardo d'onore alla carriera del Festival del cinema di Locarno, Paolo Villaggio si è confrontato, oltre che con il linguaggio televisivo, pure con il teatro dove, per esempio, ha dato corpo e voce al personaggio di Arpagone ne L'avaro di Molière sotto la regia di Giorgio Strehler.

Artista a tutto tondo, Paolo Villaggio è stato anche testimone di una storia di Genova, quella parlava sulle note di Fabrizio De Andrè, al quale era legato da profonda amicizia. Cresciuti nella Genova anni '50/'60, con Faber ha composto Il fannullone e Carlo Martello e condiviso pure l'esperienza di intrattenitore sulle navi da crociera. A Genova lo legava inoltre la passione per il calcio e per la Sampdoria e non solo: qui, nella Superba, aveva incontrato la madre dei suoi figli, Elisabetta e Pierfrancesco. Una Genova per lui, da tanti anni trasferito, altrove, da ricordare pure con una punta di malinconia.

Nel 2001 aveva ricevuto dall’allora sindaco Giuseppe Pericu la cittadinanza onoraria e il Grifo d’oro, la speciale onorificenza che l’Amministrazione comunale conferisce a persone che si sono distinte portando, attraverso la propria carriera artistica e professionale, il nome di Genova in Italia e nel mondo. Nel 2013 Villaggio aveva ricevuto un ulteriore omaggio dalla città di Genova, festeggiando i suoi 80 anni nel Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi. All’appuntamento avevano partecipato gli amici di una vita, tra cui il manager Paolo Fresco e l’autore Antonio Ricci. «Paolo Villaggio è stato un artista a tutto tondo - dichiara il sindaco Marco Bucci -. Graffiante, mai banale, innamorato della sua Genova, è tra i protagonisti del cinema italiano: ha fatto ridere e riflettere, appassionando diverse generazioni».

A dare l'addio a Paolo Villaggio arrivano pure le parole del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti che così ha salutato l'attore: «Addio a un grande ligure e a un grande genovese. Con la sua ironia e la sua bravura ha scritto una pagina importante e indelebile del cinema italiano. Paolo Villaggio ci ha fatto ridere e riflettere come pochi. Un grande vuoto. Ciao Paolo e grazie di tutto».

«Grande dispiacere - afferma Ilaria Cavo, assessore alla Cultura di Regione Liguria - per la scomparsa di un ligure illustre, un artista unico. Si consideri che ha saputo creare una maschera comica, quella di Fantozzi, che gli sopravvive, come nel XX secolo hanno saputo fare solo i Totò o i Chaplin. È stato un attore poliedrico che ha saputo mettere in scena le frustrazioni del lavoratore e quei tratti di genovesità espressi attraverso un nichilismo esasperato e molto umano. Sicuramente Regione Liguria, sulla scia di quanto già fatto per altri liguri illustri, renderà omaggio, nella maniera più opportuna, a questo grande artista e alla sua eredità».

Anche il Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini dà l'addio all'attore genovese con queste parole: «Autore e attore straordinario e poliedrico, Paolo Villaggio ha attraversato con verve, ironia e profonda intelligenza numerose stagioni del cinema italiano, a partire dall'invenzione letteraria del ragionier Ugo Fantozzi e alla sua trasposizione cinematografica per arrivare all'autorialità di Federico Fellini. Dai testi teatrali a quelli per De Andrè, la sua creatività e la sua inventiva si sono espresse senza limiti e confini. Oggi con lui scompare un grande italiano, un interprete capace di restituirci con la sua comicità surreale e la sua satira irridente un'immagine del Paese in cui tutti, in diverse misure, ci siamo riconosciuti».

Andando con la memoria all'ultima volta che aveva visto De Andrè, all'Ospedale San Raffaele di Milano, un paio di settimane prima che Faber morisse, Paolo Villaggio aveva ricordato: «Ero un po' imbarazzato e cercai di sorridergli. Ma lui mi disse: "Smonta quella faccia, so bene cosa mi sta per succedere: non ho paura della morte ma mi dispiace lasciare questa avventura meravigliosa che è la vita"». Un'avventura che ora ha lasciato anche Villaggio. Addio Paolo, buon viaggio, libero di volare: oggi la Nuvoletta dell'impiegato è rimasta a piovere sulla terra, sui tanti Fantozzi a cui tu hai dato parola.

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