Take me (I'm yours): la mostra dove le opere si possono toccare, mangiare e portare via

Laura Cusmà Piccione / mentelocale.it
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Milano, 30/10/2017.

Da mercoledì primo novembre 2017 domenica 14 gennaio 2018, l'Hangar Bicocca di Milano è il punto di dispersione della mostra Take me (I'm yours). Da qui la mostra viaggia letteralmente in un sacchetto di carta, anch'esso opera in mostra, per le strade fino ad approdare nelle case dello spettatore. Che non deve limitarsi a guardarla questa mostra, ma è legittimato a impadronirsene letteralmente. Prendendo gli oggetti esposti perché - lo dice il titolo: prendimi, sono tuo - parte dal concetto di un'arte democratica per cui l'arte è di tutti.

E l'arte non è più sacra, non ci sono meccanismi che suonano per allontanare chi troppo si avvicina alle opere, ma si favorisce una dispersione immateriale e materiale dell'opera. Take me (I'm yours) nasce da un'idea di Christian Boltanski e Hans Obrist, alla curatela insieme con Chiara Parisi e Roberta Tenconi, che sono riusciti a portare in via Chiese ben 56 artisti, che percorrono quasi cinque generazioni: espone l'ottantasettenne Daniel Spoerri come artisti emergenti, dei quali Riccardo Paratore è il più giovane. L'arte non è più sacra, ma a disposizione di chi ne va in cerca e vuole non soltanto vederla, ma anche sentirla, e persino mangiarla.

Il cibo è fortemente presente perché, per dirla alla Piero Manzoni, questa è un'arte che va consumata. Che siamo a una cena di gala, lo richiama subito il caposala all'ingresso in abito elegante che ci annuncia ai presenti. La perfomance è di Pierre Huyghe, che intende richiamare la centralità dello spettatore, intanto guardato da una giovane in abito lungo che si avvicina e senza dire una parola consegna un bollino rosa con l'ammonizione be quiet. Si entra e montagne di Venere degli stracci alla Pistoletto senza Venere possono essere saccheggiate. L'artista concettuale-ludico di Cremona è richiamato dalle uova nere che si possono prendere da una cesta, non c'è l'impronta a marchiarle, ma china nera che annulla il bianco colore che identifica l'alimento. Ci sono i cioccolatini della Fortuna e, sul pavimento, un tappeto di caramelle, che paiono pietre musive tanto belle che nessuno ne ha presa una. È Untitled (Revenge) di Félix González-Torres.

A gennaio, si può anche vincere una cena con Douglas Gordon, che chiama lo spettatore a proporsi come convitato, lasciando un bigliettino in una sfera di cristallo-plexiglass. Si guardano soprattutto i ritratti da fare a un bel modello coperto solo con un perizoma, o farsi fare. Gilbert & George non espongono in mostra le loro gigantografie ritrattistiche, ma titoli e parole provocatorie, che compaiono nelle loro opere. Sono appese a muro e ricalcate su spille che ci si può portare via. Francesco Vezzoli invita lo spettatore a essere ritratto, Franco Vaccari mette a disposizione un tablet per scattarsi un autoritratto fotografico, postarlo e commentarlo su Instagram. Perchè la mostra non è soltanto prendere ma anche dare: lo spettatore è chiamato alla creatività. C'è a disposizione una pigna di giornali da strappare per comporre collage. Yoko Ono, con la sua installazione Wish tree, albero con due limoni, ha già raccolto 150mila desideri.

L'ingresso alla mostra Take me (I'm yours) è gratuito (per prendere e collezionare le opere è però necessario acquistare la borsa creata dall’artista Christian Boltanski al costo di 10 euro). Pirelli HangarBicocca è aperto da giovedi a domenica dalle ore 10.00 alle 22.00. L’ultimo ingresso consentito ai visitatori è alle 21.15. Dati gli elevati flussi di visitatori durante i weekend è necessario prenotare, online o sul luogo, per potere accedere alla mostra (70 persone ogni 30 minuti).

Di Laura Cusmà Piccione

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