A quiet passion: la storia di Emily Dickinson al cinema. Con Cyhthia Nixon

Magazine, 12/06/2018.

Campione di incassi negli Stati Uniti, l'intenso biopic di Terence Davis non è soltanto il racconto della vita di una delle più grandi poetesse dell'Ottocento, ma è un inno all'arte e alla bellezza sconvolgente di un’esistenza vissuta con dolorose contraddizioni. Al cinema dal 14 giugno 2018.

Il quadro che delinea il regista di A quiet passion è ricco di sfumature e offre allo spettatore tantissimi spunti di riflessione su molteplici aspetti. Siamo negli Stati Uniti e il momento storico che fa da sfondo alla vita di Emily Dickinson è l'inizio dell'Ottocento, in un nucleo familiare benestante e puritano, fortemente legato alle solide certezze del tempo: la religione e la famiglia. A causa della prima, la poetessa americana lascerà addirittura l'Istituto che frequentava per sfuggire all'obbligo di aderirvi. Sull'importanza della famiglia, invece, la Dickinson non transigerà mai, scegliendo così di programmare attorno a essa tutta la sua esistenza, vissuta dall'inizio alla fine nell'abitazione paterna e nella quale troverà rifugio dalle ingiustizie sociali che non riuscirà mai ad accettare.

Comincia presto, ma solo grazie al permesso del padre, a scrivere poesie che verranno pubblicate su giornali locali, inizialmente mantenendo l’anonimato e comunque in una forma rivista e corretta dall'editore, secondo quelli che erano i dettami stilistici dell'epoca. Negli anni della Dickinson era necessario conformarsi a un comune sentire, professare un Credo rassicurante e non turbare il quieto andazzo della società dell'epoca con un linguaggio stravagante e carico di idee rivoluzionarie sul ruolo della donna nella società. Tacite regole, queste, che la poetessa si divertiva, inizialmente, a deridere e su cui ironizzava con pungente sarcasmo. Ma col passare degli anni, man mano che la donna matura e acquista consapevolezza rispetto al contesto esterno, comprenderà a sue spese l’impossibilità di mettere in pratica ciò in cui crede arrivando a preferire, pur di difendersi, un’esistenza solitaria e isolata.

Da ribelle anticonformista, curiosa e indomita, infatti, Emily si trasforma in una donna rigida e inflessibile sullo stile di vita e sulle regole di comportamento da tenere, regole su cui non transige anche per i suoi più stretti familiari, arrivando a durissimi scontri con il fratello e con le (pochissime) persone da cui accetterà di farsi vedere nella sua dimora-prigione.

Una sensibilità opprimente e sempre vivida e una mente fin troppo lucida non lasciano spazio a cambiamenti nella Dickinson, così profondamente ancorata nelle sue idee rivoluzionarie e arcaiche allo stesso tempo. Contraddizioni con le quali sceglierà di convivere fino alla fine dei suoi giorni, attorniata dagli amatissimi fratelli, nel suo nido sicuro e soffocante.

Ad interpretare Emily Dickinson è Cyhthia Nixon, già simbolo del femminismo troppo lontano e spinto di Sex and the City rispetto ai timidi, primissimi approcci poetici di inizi Ottocento. Attrice poliedrica la cui carriera sul grande schermo è, almeno per ora congelata, vista la decisione di correre per la carica di Governatore dello Stato di New York, annunciata lo scorso marzo.

Di Irma Silletti

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