Non è te che aspettavo, l'amore di un padre per una figlia speciale

Magazine, 27/02/2018.

In psicologia, la resilienza è una parola che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e persino a raggiungere mete importanti.
[da Wikipedia]

Julia è una bambina speciale. Fabien Toulmé è suo padre. Non è te che aspettavo (ed Baopublishing pp 254 – euro 20) è il racconto di come si siano incontrati e di come Fabien si sia innamorato di lei.

È il racconto di un padre che parte dal Brasile per trovare uno spazio per se e la sua famiglia tornando in Francia; un fumettista che padre lo è già, di Louise, e lo sta diventando per la seconda volta.

Solo questo? No. Molto di più. È una storia capace di toccare il lettore nel profondo, al punto di mettere in discussione molte delle cose che vengono date talmente per scontate da essere ritenute, spesso con superficialità, paradigmi e che non tengono quasi mai conto di quella cosa a cui gli uomini han dato nome di resilienza e che è una delle qualità che consente alla nostra specie di affrontare sfide impossibili e di vincerle.

-       Maschio o femmina?
-       L’importante è che sia sano
E poi la domanda che spaventa davvero, quella che si fatica a mettere a fuoco
-       Sennò?

La bellezza di questo racconto non è solo nell’incontro tra Fabien e sua figlia Julia, una bimba affetta di sindrome di Down, ma nel modo sincero con il quale l’autore si apre al lettore ed (elabora?) comprende che la vita è vita in qualunque forma ci si presenti e che l’amore ha spesso modi misteriosi di manifestarsi.

Un racconto sincero nel quale nulla è nascosto e che per questo entra nella vita di tutti noi, ci costringe a confrontarsi con noi stessi e comprendere che mentre il più delle volte alcune situazioni sono solo immaginate (temute), per alcuni l’improbabile diventa reale, per alcuni il condizionale, cosa farei se mio figlio fosse affetto da trisomia? diventa indicativo presente e futuro: cosa faccio? Cosa farò?

La premessa doverosa è che il lavoro di Toulmé non ha alcuna velleità didattica ma è un racconto sincero, una testimonianza, un’avventura nel quale Fabien esplora se stesso attraverso gli occhi di sua moglie e dell’amore incondizionato che riceve dalle sue due figlie, Luise e Julia.

Tutto il volume è scritto con una sincera delicatezza. Il tratto di Toulmé è leggero, con le figure tratteggiate con semplicità, il tratto ricorda quello Hergé, il creatore di Tin Tin, arricchito da una scelta cromatica interessante.

Ogni capitolo è un momento della vita di Fabien, ciascuno cadenzato da repentini cambi cromatici. Arancio, rosso, azzurro, verde, colori primari declinati secondo diverse sfumature. Il risultato è accogliente, uno spazio intimo nel quale anche i passaggi più drammatici diventano confidenza, un dialogo sincero fatto tra amici.

La sua paternità, il suo incontro con Julia inizia in un pomeriggio da ragazzo, il ricordo della costruzione di un pregiudizio, quello di due amici che fanno i bulli con un ragazzo down, forse di un rimorso che verrà elaborato solo da adulto.

Assieme a quel ricordo, come se i due aspetti dovessero sovrapporsi in quello che appare un presagio, l’immagine del genitore nel ruolo di arco che si tende con il dovere di lanciare i figli come fossero frecce. Un’immagine poetica e che tanto contiene del proprio sentirsi genitori, ma che resta solo un aspetto. Da genitori impariamo ad accompagnare i figli verso il loro destino, ma soprattutto si impara l’amore che non è scelto ma che sceglie e che spesso non è di semplice gestione.

Il volume è una lunga riflessione sul ruolo sociale dell’essere genitore e su come la società accolga la diversità, o come spesso la respinga; in un primo momento Fabien è colpito con forza dalla consapevolezza che il suo ruolo potrebbe non essere, per Julia, quello di essere arco ma faretra o altro ancora, il suo sguardo non è sulle necessità della figlia ma sull’immagine che gli torna da chi lo circonda. Quando smette di guardarsi intorno per dedicarsi a Julia la sua vita cambia, in meglio.

Attraverso la propria esperienza, fatta di dolore, paura, difficoltà verso qualcosa che è più facile temere che accettare, Fabien mostra come la vita non sia mai un progetto da realizzare ma una sfida da accogliere continuamente, una ricerca di una felicità che non è mai dove ci aspettiamo ma che ci raggiunge se siamo pronti ad accoglierla.

Il suo amore per Julia, non è qualcosa di innato, e Fabien lo ammette con ammirevole sincerità, ma è qualcosa che nasce ed esplode, come un dono accolto con diffidenza e poi trattenuto con gratitudine. Il suo percorso di elaborazione è a sua volta un dono ai suoi lettori; il Non è te che aspettavo non è un’esclamazione che debba indurre compatimento, ma la sorpresa di un padre che ha scoperto di amare sua figlia, una bambina di nome Julia, un volume difficile da scegliere ma che una volta letto diventa conquista di cui essere felici.

Di Francesco Cascione

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