Giacomo Bevilacqua: I suoni del mondo, Lavennder e gli scambi social con Zerocalcare

Magazine, 29/12/2017.

Da molti, Lavennder è stato segnalato come uno dei volumi più interessanti del 2017, sicuramente è stato una bella strenna da mettere sotto l’albero, e resta in ogni caso un volume che val la pena recuperare perché il suo insieme di scrittura, disegni e colore hanno dato vita ad una storia che si lascia leggere bene, un racconto capace di giocare con il lettore fino ad un colpo di scena finale.

Lavennder di Giacomo Bevilacqua, arrivato in edicola lo scorso luglio, nasceva come speciale estivo de Le Storie, una delle collane più interessanti della Sergio Bonelli Editore, un laboratorio di idee dove l’Avventura viene declinata in tutti i modi possibili.

Lo Speciale di Giacomo è stato accolto con entusiasmo dai lettori, imponendosi come classico istantaneo. Per questo motivo è stato pressoché immediato il suo passaggio dall’edicola alla libreria. Il nuovo formato di Lavennder (Sergio Bonelli Editore, 144 pag – 23 Eur) mette nelle mani del lettore un volume che amplifica la forza delle tavole, rendendo la lettura davvero un bel percorso emozionale.

Il libro prevede anche una ricca appendice anche nella quale l’autore non solo racconta della genesi Lavennder, ma che contiene anche una guida agli Easter Eggs disseminati nel racconto, tutti gli indizi che fanno il finale e che raccontano non solo di quanta sia stata la ricerca fatta, ma soprattutto di quanto l’autore si sia divertito.

«Lavennder – mi racconta Giacomo - è stata un’idea fulminante che ha subito alcune modifiche strada facendo. Quando la Bonelli mi ha contattato dicendomi che gli era piaciuto il mio lavoro, sapevo che Lavennder sarebbe stata una storia perfetta per loro, il problema era che a livello di disegno non sarei mai stato all’altezza degli standard della casa editrice. Quindi la prima cosa che io ho detto alla Bonelli quando mi hanno contattato è stato: per ora no».

Tra l’idea e la nascita di Lavennder prendeva forma Il Suono Del Mondo a Memoria (Bao  Publishing) e lo studio dei colori ne caratterizza la sostanza, un volume che ha portato a Giacomo il riconoscimento dei lettori che, in occasione dello scorso Lucca Comics and Games, lo hanno gratificato con un Premio Guinigi ad un anno dal suo debutto in libreria.

«Fino a Il Suono del Mondo a Memoria – confessa – nel momento in cui consegnavo un libro, era finita là, tutto ciò che dovevo dire l’avevo detto, tutto ciò che dovevo fare l’avevo fatto; certo, si faceva qualche giro di presentazione del libro ma ero già pronto ad iniziare una nuova avventura. Con Il Suono mi sono accorto che in realtà c’era molto altro. C’è un’intera vita che può proseguire, una vita che finora avevo sperimentato solo grazie a A panda piace, ma nell’arco di diversi anni, anni in cui, la schiera di lettori di quel personaggio, si è andata infoltendo».

Mano a mano che i lettori lo scoprono è come fosse la prima volta e ogni volta è un nuovo ritorno a quelle pagine e alle emozioni che in esso sono raccolte e raccontate. «Il Suono del Mondo a Memoria mi ha fatto scoprire che il gioco può essere bello anche quando dura tanto, e che può farti scoprire, attraverso i lettori, un sacco di cose belle».

Il Suono racconta una New York quasi come fosse viva, una specie di entità capace di prendersi cura dei suoi abitanti. Una storia sospesa tra romanticismo e poesia, un racconto che ha saputo viaggiare fino a tornare a casa. Qualche mese fa infatti ha fatto il suo esordio proprio nella Grande Mela

«Anche questo è stato strano, bello. Devi sapere che fino all’anno scorso mi sono sempre goduto il NYC  Comicon come spettatore; mi vedevo tutti i panel, mi giocavo le anteprime dei videogiochi. Quest’anno farmi il comic con dall’altro lato, come autore, è stato molto emozionante, specie perché il 90% delle persone che sono passate a farsi firmare il libro erano persone nate e cresciute a New York, e quello che mi hanno detto tutti è stato di aver trovato molto emozionante il modo in cui un outsider come me aveva dipinto la loro città».

L’appuntamento con Bonelli, il per ora no con il quale Giacomo si era preso qualche tempo, era stato solo rinviato. Galeotta fu New York e la stesura del Suono del Mondo a Memoria che si delinea come momento essenziale per la produzione dell’autore romano. Fino al volume edito da Bao infatti, mai Giacomo si era cimentato con il colore.

«Quello che ho potuto fare, racconta – tanto in relazione al Suono del Mondo a Memoria, quanto per Lavennder, sviluppato in contemporanea, è stato rimettermi chino sui libri per cercare di dare un minimo di decenza alle linee che dovevo costruire attorno alla mia idea».

Posto che il risultato è sotto gli occhi di tutti, ed è straordinario, affascina il percorso intrapreso per arrivarci, un viaggio bello quanto la meta. «Chi fa un lavoro come il mio, sa delle cose su forma e colori; queste cose le sa perché le vede, le impara, le memorizza. Queste cose stanno là, puoi usarle o meno, ma loro ci sono. Ora, la cosa di cui non tutti si rendono conto (e non sto a fa una lezioncina, eh, è proprio un dato di fatto, questo), è che molte di queste cose sebbene ci siano non le riesci a vedere, sono nascoste sotto strutture che il tuo cervello ti ha imposto, come dei muri nascosti nei videogame. Ecco quello che ho fatto io è stato sbloccare alcune cose, esattamente come succede nei videogiochi».

Riconoscere il proprio limite, impegnarsi per superarlo. Un mantra degno di Karate Kid. «Io non ho mai colorato. Nel momento in cui volevo imparare a colorare, mi sono letto diversi libri sul genere, e poi ho iniziato a riflettere, a guardare le cose in maniera diversa, a farmi domande su tutta una sorta di questioni per raggiungere il risultato voluto. Paradossalmente ho iniziato a passare molto meno tempo a fare esercizio e molto più tempo a capire mentalmente come avvengono tutta una serie di processi. La pratica è arrivata subito dopo, direttamente sul campo, perché non mi sono messo a fare illustrazioncine, esperimenti o altro, quello che ho fatto l’ho fatto direttamente sui lavori nei quali mi importava ci fosse il colore; perché quello che mi è sempre stato detto, anche da mio padre quand’ero piccolo, è: se vuoi fare i fumetti fai i fumetti!, dunque io la “pratica”, il colore, l’ho iniziata ad applicare direttamente sulle tavole mentre le facevo, erano quelle il mio esercizio. Oh, sia chiaro, esistono i geni che tutto questo discorso che ho fatto io se lo fanno in 8 attimi di secondi e in tempo zero ti tirano fuori un capolavoro, io purtroppo sono una persona normalissima e quindi tutta questa tiritera l’ho dovuta spalmare in diversi mesi. Però credo che la chiave sia tutta lì, sbloccare tutta una serie di lucchetti interni che non si sanno di avere. Che poi credo sia una delle cose che mi più mi spinge a sperimentare ogni volta roba nuova».

Il rapporto di Giacomo con il colore è una storia che una volta iniziata sembra non preveda passi indietro, tanto che anche il suo Grouchino, uscito in anteprima a Lucca all’interno del maestoso Grochomicon, ha una precisa identità cromatica.

«Ecco, a proposito anche qui di quello che dicevamo sopra, io la storia per Groucho l’ho realizzata tra le chine del Suono del mondo e quelle di Lavennder, quindi è stato uno dei primissimi terreni su cui mi sono cimentato con il colore. Cimentarmi con Groucho, per come ho impostato la storia, è stato molto piacevole, un po’ perché Groucho è, suo malgrado, vittima di tutta una serie di cose che gli succedono, ma è, al contempo, veicolo di una visione personale delle cose. E questo per me è già divertente di per sé, visto che nel mio episodio, lui, non ci vede. Per il resto, è una storia che mi sono divertito molto a scrivere, anche se le battute e alcuni dialoghi erano diversi da come sono usciti poi nel volume stampato».

Un racconto surreale – è Groucho – nel quale si parla di arte, bellezza e capolavori di strada. Sicuramente una delle prove più interessanti tra le dodici (più una) realizzate per la raccolta dedicata al protagonista più folle del fumetto italiano.

Nel 2018 è previsto anche il ritorno in grande stile sotto la neo etichetta Feltrinelli Comics di Panda Piace.

«Sul nuovo A Panda piace (previsto in maggio) posso dire che sarà un libro completamente a colori, su cui sto sperimentando ancora di più rispetto a quanto fatto con il Suono del mondo o Lavennder. Ho pensato che fosse ora che anche panda prendesse un po’ di ‘luce’. Dal punto di vista del contenuto invece, per la prima volta Panda si lascia internet – dove è nato – alle spalle, in tutti i sensi. Questo libro nasce come un’oasi in cui rifugiarsi, lontano dalla frenesia dei social e dal mondo di internet in generale. Ogni pagina – racconta – è pensata come una piccola finestra aperta sul mondo di Panda, in cui puoi guardare senza paura di trovare qualcosa di brutto. Il 22 Maggio 2018 Panda compirà 10 anni, e ho pensato di tirare fuori da lui qualcosa che fosse agli antipodi di quello che fu la sua nascita, sia da punto di vista concettuale (visto che ora tutto ciò che farà lo farà consapevole di essere su carta e non su internet) sia dal punto di vista visivo, visto che ogni pagina sarà completamente a colori e completamente diversa dalla concezione del panda originario».

Oltre al ritorno di Panda Giacomo sta lavorando anche ad un progetto nuovo, una serie interamente sua che uscirà con Bonelli. Ad oggi di questo lavoro si conosce solo il titolo annunciato proprio lo scorso Novembre a Lucca: Attica.

«Su Attica – racconta - invece è molto presto per dire qualcosa. L’unica cosa che posso dire – anticipa – è che la storia avrà la struttura di tutti i miei fumetti: una storia lineare con al suo interno diversi indizi, che, se raccolti a dovere, porteranno ad una rivelazione finale più o meno inaspettata. Anche se, questa volta, la storia sarà divisa in volumi dalla continuity molto, molto serrata, un po’ come furono Metamorphosis e A Panda piace l’avventura nelle loro declinazioni da edicola, prima che diventassero Metamorphosis Omnibus e Ansia la mia migliore amica, entrambe edite da Panini, per le versioni da libreria e fumetteria».

Gli chiediamo se ha qualche progetto per Dylan Dog. «Su Dylan non c’è niente di confermato o altro, la mia storia di Dylan annunciata per un Color Fest è quella che poi è diventata il Grouchino, e quella per ora è l’unica storia di Dylan che ho sviluppato. Da lettore e appassionato ho mille soggetti per Dylan, alcuni risalgono addirittura a quando avevo 18 anni.Mi piacerebbe svilupparne qualcuno? Certo. Ma per il momento tra Panda e Attica non ho più slot disponibili, dunque chissà, magari più in là. Per ora no – un concetto che ritorna –, comunque».

Per chi segue Giacomo sui social è poi diventato un appuntamento imperdibile la lettura dei suoi scambi di messaggi con Zerocalcare; scambi sospesi tra il comico e il surreale, troppo esilaranti perché rimangano nella pancia dei loro rispettivi smart-phone.

«Allora – racconta divertito - in realtà questa è una roba che risale a molto tempo fa. Mi sembra fosse agosto 2015 o una roba simile, in cui io venni a sapere due cose orribili su di lui, e me le confessò lui, eh. 1)    correva 11 km al giorno con delle scarpe che non ti dico che erano espadrillas ma quasi;
2)    non aveva mai giocato a "The last of us"
Allora gli ho spedito subito a casa tramite Amazon una copia del gioco e gli ho consigliato un paio di scarpe per fare in modo che non gli si spezzasse la schiena in più punti.
Da quel momento non dico che mi si è accollato ma quasi.
Mise lui per primo una foto sul suo profilo facebook in cui indossava le scarpe nuove mentre giocava a The Last of Us. Tra l’altro – precisa – io gli avevo consigliato un modello di scarpe da corsa super sobrie lui si prese una roba simile a quelle che gli avevo detto io, ma rosse fiammanti una roba da coatto di Rebibbia che non si potevano vede’, ma vabbè’... E niente, poi una volta (diversi messaggi e mesi dopo) mi scrisse da un albergo all’una di notte perché non sapeva come farsi la doccia e il giorno dopo ho deciso di postare la conversazione assurda che ne era uscita».

Una delle pagine più comiche mai lette su Facebook. «Da lì in poi ho scoperto che Michele è la persona più sfigata del mondo quando deve viaggiare (lo scorso luglio, a Genova durante il Cine&Comics Fest ha avuto una brutta avventura con un miscelatore da bagno ndr), e abbiamo deciso che questa sfiga non poteva restare nascosta agli occhi del mondo».

Una scelta eccellente, gli scambi tra lui e Zerocalcare – che ha raccontato di essere stato quasi tentato di rendere la pariglia con il Panda ospitato nel suo Macerie Prime – sanno essere comici come solo i duetti tra grandi amici sanno essere. Un’occasione in più per conoscere due autori romani che fanno fumetti, e li fanno molto bene.

Di Francesco Cascione

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