Gli anni che restano, una graphic novel tra i ricordi

Magazine, 18/12/2017.

Spesso ci si trova a fare i conti con il passato per scoprire che certi conti, alla fine non tornano mai. Un album di fotografie da riempire, l’inizio di una lunga lettera, un diario, un viaggio e il  verbo ricordare, alla sua etimologia che rimanda al cuore, alla memoria intesa come sentimento.

Gli anni che restano (Ed Bao Pubblishing, 140pp, eur 17) di Brian Freschi e Davide Aurilia racconta del viaggio fisico, ma non solo, di Mauro, il protagonista. Un viaggio che inizia non appena apre una lettera che annuncia la morte di Antonio, suo amico di infanzia, in un momento nel quale i dubbi, i rimpianti, i ricordi lo assalgono.

Il funerale del suo amico, il dover riallacciare un legame con una parte dimenticata della sua vita diventano occasione per mettere ordine, per fare pace con i ricordi e alleggerirsi del peso che inevitabilmente portano con loro. Il  momento di scegliere come affrontare gli anni che restano; immagine forte che va oltre la metafora per intendere la riflessione tra la distanza tra quello che si vorrebbe essere e quel che si è.

I colori sono la prima cosa che colpisce di questo volume; una racconto sospeso tra malinconia e amarezza. Conosciamo Mauro grazie alle immagini realizzate da Aurilia ed un uso sapiente del racconto epistolare realizzato da Brian Freschi. Un sodalizio che funziona e che consegna un racconto in equilibrio, e che mostra un pudore verso il tema, sviluppato attraverso i luoghi della memoria, il rapporto con le persone e la vita, che permette di coglierne ogni sfumatura emozionale.

Tutto il volume è vestito di acquerelli, con tonalità che cambiano continuamente, a seconda del senso del ricordo, a sottolineare l’emozione di ciascun momento. Nostalgia, malinconia e ricordi però non sono il fine del racconto ma il mezzo.

Da lettori ci troviamo ad accompagnare Mauro a Milano per il funerale del suo amico, comprendendo già dopo poche tavole che il passato di cui Mauro pare affamato sia molto più intenso di un presente precario, sospeso tra un lavoro subito e una relazione costruita da due lati di un muro.

Milano. La città del funerale è racchiusa con commuovente delicatezza nella lettera che Linda, la Nonna di Antonio, scrive a Mauro. Se deciderai di tornare sarai sorpreso! Non è cambiato niente e i nomi delle strade sono gli stessi di quando ci giocavate. Mi auguro, mio caro, che tu abbia la forza di poterle di nuovo attraversarle. Milano, per Mauro, una volta ancora, come da bambino, è la città degli addii.

In un dialogo continuo tra passato e presente, ricordo ed emozioni si confondono prima  di esplodere in un’immagine dal grande potere visivo, quella del funerale di Antonio, capace di comunicare commozione e gioia allo stesso tempo; probabilmente la tavola più bella di tutto il volume. Basterebbe questa per giustificarne la lettura.

Bologna. Mentre Milano è alle spalle ed era un dovere, la seconda tappa, Bologna, è una necessità. I ricordi affiorano violenti come l’acqua appena trovata in fondo ad un pozzo.  Mauro decide di affrontare il passato con cocciutaggine; ha bisogno di rimettere ordine, deve trovare il modo per fare pace con il ricordo del suo amico e soprattutto con se stesso, il solo modo per trovare un senso al suo presente. La Bologna che Freschi racconta, un racconto maturo considerato che Gli Anni che Restano è il suo primo volume, è una città che promette e non mantiene.

La protesta di una generazione tradita, la lotte studentesche, un padre straordinario che non comprende, ma aiuta con tutta la forza di un genitore, il male di vivere di Antonio; l’eroina e la sua macchina fotografia come protezione e terapia. Un’amicizia che sembra possa sopravvivere anche alle prove peggiori.

Non sarà così. Il senso di empatia, inevitabile, riporta alla scatola di fotografie sepolta in ciascuno di noi, ma il senso del volume non è necessariamente mettere il lettore di fronte alle proprie esperienze, alle proprie memorie, ma è più quello di fornire i mezzi per consentire una maggiore comprensione del protagonista che, circondato da una grande solitudine, trova un compagno di viaggio proprio in chi ha in mano il volume, interlocutore della lunga lettera che attraversa il racconto.

Gli Anni Che Restano, è un romanzo introspettivo, una lettura che richiede pazienza, prevede la voglia di tornare e scoprire il racconto e i disegni anche più di una volta, come a volerne esplorare ogni angolo, ma che sa ripagare restituendo una sensazione di delicata malinconia. Un senso di serenità che lo rende davvero un lavoro ben riuscito.

Di Francesco Cascione

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