Private Eye: il fumetto di Vaughan in un futuro senza più privacy

Magazine, 22/08/2017.

Tra le tante qualità nell’immaginare storie di Brian K Vaughan, sceneggiatore tra le altre di Saga e di Sentinelle di Inverno, quella che ogni volta riesce a colpire e sorprendere è il suo saper costruire distopie che diventano allegorie potenti del nostro quotidiano.

L’America del 2076, protagonista di un suo ricchissimo The Private Eye, è reduce da un diluvio che ha cambiato il mondo per sempre. Quaranta giorni e quaranta notti di pioggia, dai Cloud, hanno vomitato sulla terra ogni email, ogni informazione personale narcisisticamente, e più o meno consapevolmente, registrata on line.

Improvvisamente ogni ricerca fatta on line, ogni interazione fatta sotto l’ombrello chiamato internet, è di dominio pubblico. Informazione totale, tutti hanno accesso a tutti i segreti di tutti. Confidenze, vizi, tradimenti, perversioni. Tutto quello versato in rete torna facendo danni.

Il Diluvio Universale 2.0. Il paradosso contemporaneo è il contrasto con il passato recente; se la paura di un tempo non troppo lontano era il Grande Fratello, i 2000 hanno mostrato come il Grande Fratello non solo sia quotidianamente nelle nostre tasche, ma sia diventato un modello.

Lo abbiamo adottato, lo nutriamo, nell’illusione che una simile bestia possa essere ammaestrata. Al di là della discussione su quanta libertà quotidianamente barattiamo in cambio di illusione di sicurezza, tema forte e attuale, è evidente come i social siano i nostri diari, e che invece che essere nascosti - ma facili da trovare e violare - sono alla portata di tutti.

Postiamo le foto dei ristoranti dove mangiamo, taggiamo le persone che passano tempo con noi, mostriamo la casa delle nostre vacanze, i film che guardiamo, i libri, la musica, ci vantiamo per gli acquisti, dei piccoli risultati quotidiani e denunciamo con forza le cose che non ci piacciono. Nulla da nascondere, nulla di cui vergognarsi. Ne siamo certi?

Basta focalizzare l’attenzione su quello che facciamo quotidianamente con uno smartphone o un computer per scoprire che, sebbene trasparenti in apparenza, ci sono scheletri che vorremmo conoscere, mentre i nostri, quelli che neppure sappiamo di avere, vogliamo rimangano nascosti.

L’intuizione di Vaughan - intuizione semplice eppure geniale - diventa abito ideale per una storia Pop Noir raccontata in 16:9, magnificamente illustrata da Marcos Martin e colorata da Muntas Vicente. (The) Private Eye (Bao Pubblishing, 304 pp, 29 euro), intreccia infatti elementi noir imprigionati in un mondo senza connessione e nel quale il bene più prezioso è diventato la privacy.

Inevitabile che il protagonista del volume sia P.I. un (Investigatore) Paparazzo privato a cui chiedere informazioni altrimenti non rintracciabili. P.I. agisce in clandestinità, cerca risposte a domande che non dovrebbero porsi, e il suo lavoro lo svolge sfuggendo alla rigorosa difesa del diritto alla riservatezza operata dalla Stampa. Il Quarto Potere che vigila e protegge. La stampa che diventa polizia fa pensare ai pompieri piromani di Bradbury, il corpo che tutela la democrazia bruciando libri.

Altro elemento che conquista è la dettagliata costruzione della società che ruota attorno ai protagonisti. Il risultato del diluvio è stato apocalittico, ovviamente, ma il trauma iniziale ha consegnato ai nipoti degli utenti di Facebook, i nostri nipoti, un mondo decisamente interessante.

La necessità di proteggere la propria identità - ad esempio - ha trasformato le città in una sorta di colorata festa cosplay nella quale tutti indossano maschere. La tutela della privacy, portata all’estremo, costringe le persone a nascondersi dietro alias, gusci che proteggono le identità assieme scelte e passioni che ci raccontano. Le persone come copertine di libri senza titolo che restano non letti.

Se il risultato sia un mondo migliore non è una valutazione che l’autore esprime, ma l’occhiata sul mondo post-diluvio è dettagliata al punto da lasciare al lettore l’incombenza del giudizio.

L’assenza di distrazioni digitali, ad esempio, ha consentito di progettare un mondo reale che trasudasse sviluppo tecnologico: macchine volanti e un mondo che da immaginato diventa reale; senza l’uso forsennato di smartphone e l’abuso della rete in ogni contesto sociale, avremmo il tempo materiale per leggere oltre 200 libri all’anno, e vivere una realtà fatta di carne decisamente più ricca di quella digitale.

Premessa e scenario vengono raccontate in modo discreto, ogni personaggio ha spazi e collocazioni dettagliate, tutti inseriti in un racconto dotato di grande ritmo. Scrittura, disegni e formato si rincorrono restituendo un’architettura notevole, una trama avvincente che àncora alle pagine e che costringe ad indagare una società variegata, contradditoria e ricca di fascino. Un Blade Runner pop nel quale l’ambiente crepuscolare è sostituito da maschere variegate e colori sgargianti.

La scrittura di Vaughan, in questo caso, ha preteso una forza grafica decisa, resa molto bene da Martin che ha potuto divertirsi in un formato 16:09, che rende il volume tanto  ingombrante - il formato è quello sperimentato nell’Eternauta o in 300 - quanto prezioso.

La casa Milanese ha portato in libreria e fumetterie un volume non solo dalla grande ricchezza di temi, non solo una storia bella da sfogliare e leggere ma anche un oggetto decisamente bello da sfogliare ad un prezzo adeguato. Ad arricchire il tutto un’appendice interessante.

Vaughan ha infatti inserito in calce gli appunti relativi alla nascita di Private Eye e le email scambiate coi colleghi durante la lavorazione dell’opera. L’appendice, oltre ad essere interessante da un punto di vista meramente tecnico, è sempre bello vedere come un fumetto prenda forma, è uno spioncino che viene gentilmente offerto al lettore, un gioco che sottolinea i rapporti tra privacy e pubblico, e che chiude molto bene un volume per il quale consigliamo di approfittare del periodo di sconto del 25% che la Bao Pubblishing ha previsto tra il 28 agosto e il 24 settembre prossimi venturi.

Di Francesco Cascione

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