Un anno senza te, la fine di un amore nella graphic novel di Vanzella e Giopota

Magazine, 17/07/2017.

Una delusione sfogata come Godzilla su Bologna. Una nevicata di conigli. Un faro che regola il flusso di dirigibili. Un bagno da giganti nella Laguna in miniatura. Capodanno che non è la festa dell’anno che verrà, ma di uno di quelli vecchi che ritornano.

Basterebbero queste trovate, basterebbe la copertina curata da Bao, basterebbero i colori con cui è innaffiato il volume di Luca Vanzella e Giopota per rendere Un anno senza te (Ed. Bao, 220 pp, 20 euro) una bella esperienza di lettura, una storia da vivere anche dopo aver chiuso il libro, un volume di cui innamorarsi tanto.

Antonio, il protagonista, è un universitario che vive a Bologna con il suo gruppo di amici. Lo conosciamo a settembre, subito dopo essere stato lasciato da Tancredi, e basta l’incipit, le poche tavole che compongono il mese che chiude l’estate e apre l’autunno, per rimanere rapiti dalla capacità narrativa e la forza delle immagini. Gli autori disegnano un mondo nel quale surreale e metafora si rincorrono al punto di non capire dove finisca il primo a vantaggio della seconda; il risultato è una tempesta di emozioni dalla quale è difficile, e poi perché farlo, fuggire.

Le prime tavole raccontano di una storia finita con un grande trasporto emotivo. Tancredi ha capito che la storia con Antonio ha raggiunto la sua naturale conclusione e porta via il suo bagaglio di baci e ricordi condivisi. La costruzione del flash back è una prova autoriale magnifica, non la sola del volume, nella quale si mostrano emozioni nelle quali è impossibile non ritrovarsi con una delicatezza sublime. Una lacrima enorme, un bacio ripetuto, la rabbia di chi è disposto ad afferrare la luna e farla a pezzi per poi lasciare che il sonno vinca la disperazione di un bacio non dato, l’amore pensato. Antonio è quello dei due a cui tocca l’elaborazione, Nega, si arrabbia, cerca di negoziare, si deprime e infine accetta.

Mi resta solo il ricordo di un futuro che non avrò con te?
E il sapere che hai amato, non te lo scordare

Il volume non si limita al ricordo di un amore passato ma va oltre, è un racconto generazionale, parla di ragazzi che fanno scelte che definiranno il loro futuro. Antonio è un ragazzo pieno di dubbi e speranze, ha il coraggio e la saggezza di un universitario che vive il suo eterno presente pianificando un futuro che è fatto di un numero di sogni maggiori della forza necessaria per realizzarlo. Studia una materia della quale non è convinto ma che può realizzarlo professionalmente, mentre attorno ci sono colleghi che impazziscono per gli scavi di Atlantide. Quale la scelta migliore per suonare nell’orchestra chiamata vita? Specializzarsi suonando uno strumento che nessuno vuole, tipo il fagotto, oppure cercare un posto al centro della scena con il pianoforte.

Nel romanzo emergono con forza il confronto con gli amici, i ragazzi che incontra durante un anno, la tempesta dei ricordi – letteralmente una tempesta – dalla quale si fa travolgere e una Bologna ora assolata ora coperta di conigli di neve che diventa un luogo delle speranze e della memoria. Lo spazio riservato alla famiglia è invece racchiuso in un capitolo – probabilmente il più denso di poesia – nel quale si racconta il ritorno al Borgo Natio di un universitario fuori sede.

La bravura dei due autori è tutta nel saper raccontare una storia se vogliamo comune – tutte le storie lo sono – utilizzando tutto il potenziale che un fumetto mette a disposizione. Impossibile non restare colpiti dal tratto, morbido e ricco, e da tavole ora divise in due per assoggettarle al ritmo, ora scomposte in più parti per portare l’attenzione su dialoghi curati e ben costruiti.

Ottima la scelta dei colori, che vestono il volume dall’inizio alla fine, e le intuizioni narrative che sorprendono per originalità, come i fiocchi di neve che diventano conigli bianchi, ma che non sono affatto autoreferenziali, anzi. Tutto è al servizio di un racconto più emotivo che narrativo e nel quale le emozioni raccontate hanno un’importanza tanto grande da richiedere nomi nuovi, neologismi, in grado di contenerle e un dizionario, Il dizionario dei sentimenti misconosciuti e delle azioni minime, che le sappia raccontare. Scopriamo il dizionario con Antonio e finalmente diamo un nome a quell’amore che resta dentro di noi come un ricordo che crediamo sopito e che emerge di tanto in tanto con forza straordinaria.

L’emofene è come un fischio continuo – dice il dizionario – o meglio una nota costante di fondo, ma è un sentimento, uno di quelli che è sotto tutte le altre emozioni, ma che a volte, nel silenzio della noia, tra le sincopi della vita quotidiana, torna a farsi sentire. Sentimenti e azioni inesplorate prendono nome e forma e chiudono un percorso di crescita che non si limita alla sola elaborazione, ma che prevede una nuova coscienza di sé, della misura dei propri sogni e del coraggio per affrontarli.

Un anno senza te racchiude in un solo anno una vita di emozioni, dubbi, debolezze ed errori, ma che sa andare oltre. Basta un’occhiata più attenta al contenitore, la copertina, per capirlo. L’anno raccontato è chiuso nell’attimo nel quale la notte non è più notte e l’alba non è ancora mattina, due momenti che aprono e chiudono la storia, e che sono tratteggiati magnificamente a inizio e fine volume in seconda e terza di copertina. Un momento di epifania nel quale è il cielo stesso a farsi testimone di una nuova luce che si apre sul giorno che verrà, un futuro che non chiede altro che di essere esplorato per diventare presente e poi ricordo. L’Antonio dell’incipit, perso nel ricordo di ciò che è stato e non sarà più, diventa l’eroe Shakespeariano, capace di imbracciare le armi per affrontare il suo destino. Un personaggio straordinario, del quale è impossibile non innamorarsi.

Di Francesco Cascione

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