Uss Indianapolis, Nicolas Cage nel disastro navale del 1945

Magazine, 14/07/2017.

Uss racconta una storia vera quella dell'incrociatore americano che trasportò in gran segreto una delle due bombe atomiche: l'attacco giapponese, il disastro navale e i superstiti attaccati dagli squali nelle acque delle Filippine rimangono tra gli eventi più drammatici e toccanti della storia militare statunitense.

1945. Quasi al termine del Seconda Guerra Mondiale il mondo è ormai pronto a tirare un sospiro di sollievo per la fine delle vicissitudini belliche. Guidato dalla regia di Mario Van Peebles, Nicolas Cage è Charles McVay, uno stimato e rispettabile Capitano che nel luglio del 1945 riceve l'ordine di gestire una missione delicatissima e soprattutto top secret: trasportare una delle due bombe atomiche che metteranno fine alla guerra.

Nonostante McVay cerchi di ottenere più informazioni possibili sulla missione e chieda a più riprese di poter viaggiare con una scorta, fondamentale per intercettare la presenza di eventuali sommergibili nemici in acqua, partirà con il suo equipaggio secondo le modalità volute da fonti vicinissime al Presidente americano. Poco importa se la USS Indianapolis sia un colosso sulle acque e che il suo comandante rappresenti un modello per tutti: dei 1197 membri dell'equipaggio circa 900 scampano all'affondamento ma solo 317 uomini riusciranno miracolosamente a sopravvivere a quello che viene ricordato come il peggiore disastro navale della storia americana.

317 uomini, dopo l'attacco del sommergibile nipponico guidato dal Comandante Mochitsura Hashimoto, resisteranno al repentino affondamento dell'incrociatore (avvenuto in poco più di 10 minuti) e all'atroce lentezza di cinque interminabili giorni nelle acque del Mare delle Filippine tra stenti, disperazione e squali avidi di ferite sanguinanti. Dal lancio dei due siluri nella notte del 30 luglio del 1945, però, qualcuno dovrà pagare le inspiegabili negligenze nel ritardo dei soccorsi. Lo chiede a gran voce la stampa, l'opinione pubblica e l'onore di famiglie distrutte per sempre.

Come spesso accade in seguito a palesi inconcludenze governative, il bersaglio più comodo è solo quello più esposto e facile da attaccare. Il Comandante McVay, rocambolescamente salvo a seguito dello straziante epilogo della missione, dovrà successivamente far fronte a un processo davanti la Corte Marziale, voluto dal Governo americano. A poco servirà la testimonianza del rigoroso Comandante giapponese, che in aula giustificherà l'operato del suo pari grado. Ci sono conclusioni scritte a tavolino, insegna la storia, contro cui vale la pena lottare se non altro per il rispetto della propria dignità. Ma ci sono ferite, inflitte nell'animo, che né il tempo né le cure, potranno mai risanare. Il 6 novembre del 1968, nella sua casa a Litchfield, nel Connecticut, McVay si spara un colpo di pistola in testa. Passeranno molti anni e solo nel 2001 il Presidente Clinton contribuirà a scagionare McVay da tutte le accuse.

Di Irma Silletti

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