Nerve: chi ha paura del Blue whale? Al cinema i pericoli di Internet

Magazine, 21/06/2017.

Dopo The Circle, di James Ponsoldt, è approdato sul grande schermo Nerve, un altro film che punta i riflettori sui potenziali pericoli di quel mondo misterioso, e in parte sommerso, che è Internet.

Nerve, per la regia Henry Joost e Ariel Schulman, è tratto dall’omonimo romanzo del 2012 di Jeanne Ryan. Già dalla prima inquadratura, Nerve ci apre la visuale sulla caotica multidimensionalità dell’universo del web, che tra Facebook, YouTube, Instagram, Spotify, Twitter, Snapchat e varie altre innumerevoli App e siti web, si porta via sicuramente molto del nostro tempo e probabilmente anche buona parte della nostra salute mentale.

Protagonista di questo soft thriller per ragazzi è Venus (Emma Roberts), promettente ma timida e insicura ragazza all’ultimo anno di liceo. Malamente scaricata dal ragazzo che le piace e costantemente all’ombra della sua ben più popolare amica, Venus si lascia coinvolgere, con l’unica ragione di voler dimostrare di essere anche lei una tipa tosta, in un gioco online che somiglia pericolosamente al tanto vociferato Blue whale.

Il gioco, un mix tra l’Obbligo o verità che si faceva da bambini e gli ormai celebri giochi di The Hunger Games, si chiama Nerve e funziona su un doppio livello: quello degli watcher, che pagano per vedere lo spettacolo, e quello dei player, che vengono pagati per giocare. Grazie a una futuristica (ma nemmeno troppo) App, i player vengono costantemente sfidati dagli spettatori che, in cambio di ogni sfida superata, e sulla base della loro reale difficoltà, regalano ai giocatori sempre maggiori somme di denaro. Inutile dire che, tra corse in moto a occhi bendati e camminate sospese nel vuoto, il gioco si farà sempre più duro, fino a mettere a rischio la vita di tutti i player.

Nerve inizia con il botto, forte di un tema vincente e attualissimo come è quello delle varie sfide sul web a colpi di like, ma non riesce a reggere il colpo fino alla fine e si appiattisce quasi subito sul filone sentimentale/adolescenziale, preferendo investire su un rassicurante happy ending che limita qualsiasi spunto di riflessione.

Di Barbara Cosimo

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