Aida al confine: la Grande Guerra e il cuore di Trieste

Magazine, 28/03/2017.

Un confine è, al netto delle definizioni più o meno articolate, semplicemente una convenzione, un’idea che acquisisce concretezza nello stesso momento in cui diventa memoria condivisa.

Niente di più che un efficace prodotto di fantasia. Vanna Vinci con Aida Al Confine (ed Bao Publishing, 144 pp, 17 Euro) gioca con il concetto di confine; lo plasma come fosse liquido e lo adatta, dimostrando grande padronanza del mezzo, ad una storia di rara intensità, nella quale il sovrapporsi di persone, memorie e storie sono gli elementi che costruiscono il percorso della protagonista.

Aida è una ragazza di Bologna che durante un momento di crisi abbandona la sua città e decide di trasferirsi nella casa dei suoi nonni materni e di iscriversi all’università di Trieste. Trieste che porta nel nome un briciolo di malinconia - basta togliere una e perché diventi triste - e ben si adatta al suo animo tormentato.

La città si presenta come intagliata nel nero dell’inchiostro, quasi un invito a scoprirla tra i chiaroscuri di un disegno dal tratto pulito eppure misterioso. L’Aida che arriva in città, accolta da sua cugina, ha alle spalle ha un ragazzo troppo perfetto che vuole dimenticare, mille domande su se stessa e un’inquietudine che porta come fosse un fardello assieme ad una malinconia che fatica a trovare una forma e con la quale sarà inevitabilmente costretta a fare i conti.

La scelta di Trieste - città bellissima e ottima protagonista del racconto - è motivata dall’autrice nella ricca appendice che chiude il volume; una decina di pagine di approfondimenti con il grande pregio di far comprendere al lettore alcuni elementi presenti nel volume e che, ad una seconda lettura, diventano ancora più luminosi.

La città giuliana - racconta - è una città di confine per antonomasia. Come tutte le città costiere è sospesa tra mare e terra ma non solo: il suo essere terra di mezzo è anche nell’essere suo ponte ideale tra il mar Mediterraneo ed i paesi del Nord, posizione decisiva in momenti storici fondamentali per la storia del nostro paese.

Crocevia tra mondi, a cavallo del momento storico funestato tra due guerre mondiali. Una città che nasconde i segni del tempo come espiazione al non essere riuscita a curare le ferite delle Grande Guerra prima che arrivassero i lutti inflitti dalla Seconda Guerra Mondiale.

L’autrice elabora le caratteristiche della città legandole alla storia e alla famiglia di Aida. Trieste diventa così anche confine tra memorie passate e presente, tra vivi e morti. Il confine spirituale diventa quindi occasione per fare quel passo verso nuove consapevolezze, un nuovo inizio per se e la sua famiglia, un confine che è soprattutto un muro dell’anima che Aida deve riconoscere e superare.

Come nel romanzo di Isabel Allende anche per Aida la casa dei nonni materni diventa Casa degli Spiriti. L’ingresso in casa innesca una specie di cortocircuito che costringe passato remoto, passato prossimo e presente a ritrovarsi e confrontarsi con Aida che diventa essa stessa, suo malgrado, crocevia tra mondi.

Aida ritrova così i suoi nonni, morti da tempo e grazie a loro, e ad un misterioso ragazzo che abita la notte triestina, Nino, si ritrova a cercare di costruire le voragini scavate dalla guerra nelle sua famiglia.

Anche la storia della sua casata, come tante altre, è stata segnata dal fronte occidentale che ha trasformato i giovani in soldati prima che in uomini lasciando in essi un freddo che nulla ha saputo scaldare. Il freddo della prima guerra mondiale è stato poi sostituito dall’ingratitudine e dal tradimento di un paese che non ha esitato a ripudiare i suoi cittadini - e deportarli - in quanto ebrei.

Percorriamo con Aida una Trieste notturna e misteriosa incontrando luoghi che, forse per indole forse per pudore, la città ha preservato conservandone fantasmi e memoria del passato.

Il centro storico e le sue osterie, il Miramare, Villa Cosulich e soprattutto la risiera - trasformata in campo di concentramento durante la seconda guerra mondiale, il solo in Italia con forno crematorio - diventano luoghi della memoria che spingono la protagonista a fare un percorso di recupero di ricordi della sua famiglia, ma non solo.

Quei monumenti rappresentano il confine ideale tra momenti storici delicati ed importanti della nostra storia, confini che vanno affrontati e superati assieme al dolore che conservano perché la conoscenza diventi comprensione.

Vanna Vinci fa questa operazione in modo delicato con un tocco di umana delicatezza nel quale non mancano momenti di sincera ironia. I nonni, seppur fantasmi, tornano al ruolo di guida che hanno in ogni famiglia, le chiacchere di fronte ad un dolce appena fatto sono in assoluto uno dei momenti più densi di calore e umanità del volume, e nella loro dolcezza verso la nipote diventano per Aida non solo il ponte con il passato ma soprattutto interlocutori ideali per aiutarla a comprendere e affrontare il male di vivere che sembra averla colpita e spinta a fuggire di casa indossando un look che racconta il dolore di un lutto perenne.

E poi c’è Nino. Ragazzo affascinante e figlio di un altro tempo e che mostra la stessa necessità di Aida di ricordare e comprendere. Di andare avanti. Alcune delle pagine dedicate ai due hanno un fascino unico, che rendono il volume un esperienza da leggere, rileggere per scoprirne gli angoli più nascosti - bellissimi - come accade con la città in esso contenuta.

Aida, inquieta nella mondanità universitaria, trova un compagno ideale in Nino, ragazzo introverso e gentile. I due si scelgono, si conoscono e si appoggiano l’uno all’altra. Il loro incontro è ben costruito, bello il modo in cui si avvicinano - anche il senso di inquietudine legato al mistero di Nino viene trattato con smisurata dolcezza - e anche i momenti carichi si sensualità sono tratteggiati con una grazia tutta femminile che li eleva.

È avvincente la ricerca di Aida. Il suo immergersi nei ricordi diventa archeologia nel cuore della storia di Trieste, nella storia della sua famiglia e nella sua stessa anima. Secondo l’autrice il dramma della Seconda Guerra Mondiale ha avuto come effetto collaterale quello di cancellare dalla memoria collettiva i danni della Prima.

La Grande Guerra ha avuto cause che difficilmente possono ridursi al solo omicidio di Francesco Ferdinando e conseguenze atroci che solo in parte possono ricondursi alla Guerra. Quegli anni hanno segnato nel profondo le città, soprattutto quelle di confine, e ancora di più le famiglie che, segnate dalla prima, non hanno smesso di pagare durante gli anni successivi.

Non è un caso che alcune delle poesie più tragiche della nostra letteratura abbiano nella zona del Carso, alle spalle di Trieste, il proprio luogo del dolore. Il percorso di Aida mescola personale e collettivo . la sua ricerca è offerta al lettore che ha il diritto di appropriarsene - per chiudere con un nuovo inizio che non è solo elaborazione di un lutto ma soprattutto nuova consapevolezza di se stessa e del proprio, nostro, presente fatto di confini da comprendere e superare con tutta la forza che la fantasia ci consente.

Una lettura intensa raccontata con un tratto capace e che entra in profondità e alla quale è impossibile non affezionarsi.

Di Francesco Cascione

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