Jamie Saft in concerto al Carlo Felice: «Ecco la mia musica»

Andrea Sessarego
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Genova, 01/03/2017.

Artista eclettico e amante della sperimentazione, capace di passare dal jazz all'elettronica, con note di rock e dub. L'americano Jamie Saft, nato a New York nel 1971, si esibisce venerdì 3 marzo all'Auditorium Montale del Teatro Carlo Felice, con inizio alle 21.

Il concerto, di pianoforte solo e promosso dall'Associazione Palazzo Lomellino di Strada Nuova Onlus e dall'etichetta discografica RareNoiseRecords, prevede lavori originali e pezzi della storia musicale d'Oltreoceano con arrangiamenti per pianoforte: da Stevie Wonder a Bob Dylan, da Joni Mitchell a Jimmy Jam e Terry Lewis. E poi Charles Ives, John Coltrane, Miles Davis e ZZ Top.

Jamie Saft, per il suo concerto a Genova, si ispira al grande libro della Canzone Americana (Song book). «La mia è una missione - afferma il pianista americano - Voglio portare i presenti a stati più elevati della loro coscienza. Come? Visto il rispetto che ho per il blues e il jazz di origine americana, ovest africana e caraibica, lo faccio interpretando questo corpus così vario e ricco, attraverso la mia sensibilità e il mio modo di fare musica».

L'esibizione al Carlo Felice viene interamente registrata e forma la base di un disco che uscirà nel 2018 su RareNoiseRecords. Un repertorio per pianoforte presentato per la prima volta a Firenze, ancora in fase embrionale. «Ho fatto questa scelta per il rapporto che ho con il pubblico italiano, che ama la musica e l'arte - continua Saft - Gli italiani sanno ascoltare il jazz e desidero presentare la bellezza della cultura americana a un pubblico che da recepire». L'autore ha cominciato a sviluppare questo repertorio per pianoforte negli ultimi 3 anni, presentando anticipazioni nei concerti di Mosca, Città del Messico, New York e Firenze.

L'eccletticità musicale di Saft nasce dalla sua New York: «Nella Brooklyn newyorkese degli anni '70 non c'erano barriere e divisioni - conclude - Filosofie, religioni, culture e musiche diverse facilitavano il confronto. La città era un esempio di sincretismo musicale: rock, jazz, reggae, musica classica, hip hop e altri generi uscivano da ogni angolo. Sono cresciuto in quel contesto e lì ho formato la mia voce».

Dal rumore cittadino si è poi spostato in mezzo nel verde delle colline nello Stato di New York. «Anche la mia musica ne ha risentito. All'inizio componevo pezzi più aggressivi, ora metto tutto molto più a fuoco e rifletto di più su ogni singola nota, visto il silenzio intorno a me. Nel concerto di venerdì emergono tanti aspetti, dal rapporto artista-natura alla spiritualità».

Di Andrea Sessarego

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