Quante parole nel teatro muto di Familie Flöz

Familie Flöz
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Genova, 13/04/2018.

Scorrono parole a fiumi nel silenzio interpuntato di momenti musicali e sonori di Dr Nest, prima nazionale della compagnia Familie Flöz, di casa a Berlino, ma già moltissime volte ospite a Genova - ora al Teatro della Tosse fino al 14 aprile 2018. Ancora una volta sul palco gli attori (Fabian Baumgarten, Anna Kistel, Björn Leese, Beniamin Reber, Mats Süthoff) sono al servizio delle grandi inconfondibili maschere di Hajo Schüler attraverso l'antica arte del mimo.

Che il linguaggio sia tutto racchiuso nei corpi che si flettono, si contorgono, si gelano o si intersecano in empatici abbracci non toglie neanche una virgola a questa drammaturgia narrativa che, come al solito (già in Teatro Delusio, Ristorante immortale, Hotel Paradiso, Infinita, Haydi!) racconta una storia intensa senza cadere nella trappola di un'unica lingua nazionale.

In Familie Flöz occorre rispettare la grammatica del linguaggio del corpo e della gestualità: ogni passo o flessione del torso o delle gambe corrispondono a un concetto preciso per ogni personaggio. Movimenti e gesti hanno un proprio tempo anche rispetto al dialogo o all'azione in atto; oguno ha una sua definizione ritmica, ha più o meno peso, spessore, dinamicità o goffaggine, leggerezza o gravità emotiva. Ogni corpo è maschera e ogni maschera segue l'espressività del corpo superando la propria staticità e generando occhi spalancati, sguardi stupiti, spaventati o languidi, persino inconfondibili sorrisi, semplicemente accordandosi con un corpo parlante. Ogni gesto è una piccola storia breve che potrebbe benissimo corrispondere a un monologo, ma ciò che lascia negli occhi di tutti pura meraviglia è che ci sia persino maggiore intensità empatica senza inutili vocaboli.

L'articolazione comunicativa che Familie Flöz porta in scena ormai da vent'anni, questa volta si colloca in un istituto di salute mentale, ma è il concetto stesso di sanità mentale a essere messo alla prova. Senza maschera gli attori ci mostrano la fallacia dell'idea di sanità e ci raccontano di quanto possa fare un "camice": camice o camicia, camice da dottore, camice da paziente, camicia da lavoro, camicia di forza. Abito che alla fine veste tutti e tiene tutti in un unico abbraccio, tra salute e malattia. L'abito fa il monaco e ognuno a suo tempo e modo è in stato di disagio della mente. Entrare e uscire dal ruolo dei normali nella società è un piccolo passo che in questo spettacolo ci porta in un à rebour.

La storia è quella del Dr Nest che, da giovane e brillante medico, aperto al confronto verso i suoi pazienti finisce per perdere lucidità e memoria. Come lo scroscio d'acqua simbolico che si impone sul fondale, così i meandri della mente umana spesso inaspettatamente vengono invasi da flussi inarrestabili. Innondazioni che annullano l'individuo e lo trascinano in profondità irrimedialmente lontane, da cui è difficile risalire per recuperare se stessi a quel reale quotidiano che ci piace definire la normalità.

Le pareti si spostano. Il tempo passa. Il lavoro del Dr Nest porta a risultati tangibili di maggior serenità tra i pazienti. La casa di cura fatta di abitanti eccentrici e di un personale ancorato a forme di resistenza verso il diverso tende a stringersi, sempre più, intorno al Dr Nest come una morsa, fino a lasciarlo stremato e perso dentro se stesso e le sue carte. Se il lavoro attoriale è impeccabile, di grande accompagnamento sono gli interventi a livello scenico: con moduli in continuo movimento, interventi sul progetto luci, che inventano nuovi spazi e nuovi tempi, ma raccontano anche di un modo distorto o non "normale" di vivere e vedere il contesto, attraverso porte e muri angolati in modo paranoico, serrature che si aprono o che sono chiuse a chiave dall'esterno. Per uno spazio della mente oltre che del corpo. Uno spazio agito e uno percepito.

L'apertura verso il mondo distorto o segnato da paure, traumi, angosce, perdite o nevrosi diventa un quotidiano da ascoltare per il Dr Nest. Incontri individuali lo portano a giocare al gioco del facciamo finta che per restituire un potenziale legittimo ad ogni idiosincrasia dei suoi pazienti: l'uomo dal cappello con il suo tamburello; l'uomo preda di tremori abile pianista; la donna di campagna dai modi animaleschi, quella narcisisticamente femminea e madre mancata; la creatura fuori formato, spaventosa, tanto simile a quella del dr Frankenstein. Ognuno ha un suo mostro, è un mostro o proietta sugli altri il proprio mostro. Ognuno ha un suo luogo dell'immaginario fissato per sempre in un eterno ora che assilla il sé e gli altri. Il Dr Nest è un ipotetico Basaglia che invece di imprigionare ascolta, ma le sue spalle sono meno solide del celebre professore italiano e cade vittima della sua stessa capacità di attenzione e di conforto: tenere tutti in piedi, quando nessuno è in grado di reggersi da solo è impresa impervia e nei fatti impossibile. Tutto cade e così anche il Dr Nest.

Ipnotico spettacolo di sottile tenica attoriale, di maschere straordinarie, di un simbolismo inesauribile.

Grandi applausi.

Da non perdere. Da rivedere. E da vedere ancora.

@ Teatro della Tosse
11 - 14 aprile 2018 - ore 20.30

Dr Nest
opera di  Fabian Baumgarten Anna Kistel Björn Leese Benjamin Reber Hajo Schüler Mats Suethoff Michael Vogel

idea, regia e maschere Hajo Schüler
co-regia Michael Vogel
con Fabian Baumgarten, Anna Kistel, Björn Leese, Beniamin Reber, Mats Süthoff
musica Fabian Kalbitzer
scenografie Rotes Pferd (Christian Eckelmann, Felix Nolze)
costumi Mascha Schubert
sound design Dirk Schröder
disegno luci e direzione tecnica Reinhard Hubert
direttore di produzione Gianni Bettucci
produzione Familie Flöz in coproduzione con Theaterhaus Stuttgart, Stadttheater Wolfsburg e L'Odyssée Périgueux, con il supporto del Schleswig-Holstein Music Festival e Theater Duisburg. Finanziata da Hauptstadt Kulturfond e da Fonds Transfabrik

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