Miseria e Nobiltà: l'opera buffa in scena al Teatro Carlo Felice dal 23 febbraio al 1 marzo

Genova, 16/02/2018.

Oggi è un evento raro, eccezionale, poter assistere alla prima rappresentazione assoluta di un’opera nuova e provare così quell’emozione, carica di curiosità e attesa, vissuta dal pubblico che affollava le prime di un Rossini o un Verdi; la trepidazione davanti a una musica mai ascoltata prima, a un’azione scenica ancora da scoprire, è tutt’uno con la storia dell’opera, ma non ci siamo più abituati, perché pochi teatri hanno il coraggio di puntare su un titolo che non ha la garanzia di un passato alle spalle.

Con l’andata in scena di Miseria e nobiltà, da venerdì 23 febbraio a giovedì 1 marzo, il Carlo Felice fa quello che i teatri hanno sempre fatto e dovrebbero tornare a fare sempre di più: concertare, allestire e presentare per la prima volta al pubblico un’opera commissionata ad hoc.

Il compositore a cui è stato affidato il compito è Marco Tutino, milanese, classe 1954, tra i principali esponenti di un filone definito neo-romantico (o neo-tonale), il che significa, semplicemente, scrivere musica basata su principi secolari che fanno parte della nostra tradizione culturale e che, dunque, il pubblico sente come familiari e riconosce come una lingua che gli appartiene. E questo anche per quanto riguarda le storie raccontate. Tutino, come fonte per i libretti delle sue opere, privilegia capisaldi della letteratura, classica e moderna, film che sono entrati nell’immaginario collettivo, testi teatrali di forte presa drammaturgica. A cominciare dal suo titolo di esordio, Pinocchio, che debuttò proprio a Genova, al Teatro Margherita, nel maggio 1985 (scatenando polemiche come all’opera non succedeva da tempo), fino ad arrivare a La ciociara, tratta da Moravia, il suo ultimo successo (che recentemente ha trionfato al Teatro Lirico di Cagliari, dopo il debutto, ugualmente trionfale, all’Opera di San Francisco).

Miseria e nobiltà prosegue su questa linea: il libretto – rigorosamente in versi – di Luca Rossi e Fabio Ceresa è tratto dall’omonima commedia di Eduardo Scarpetta, immortalata nel 1954 dal celebre film di Mario Mattioli con Totò e Sophia Loren. L’azione, originariamente ambientata negli ultimi decenni dell’ottocento,  è stata spostata nella Napoli dell’immediato dopoguerra e precisamente nei giorni del referendum tra monarchia e repubblica.

Una scelta che dà alla vicenda del povero scrivano Felice Sciosciammocca, che si finge nobile per nobili motivi, una sfumatura sociale che cade bene in occasione dell’anniversario dei settant’anni della costituzione italiana. Il risultato è un’opera che si rifà alla tradizione colta del teatro musicale italiano (in particolare comico) ma senza rinunciare ad essere popolare, nella musica come nei personaggi e nelle situazioni teatrali. Ci si diverte, si canticchiano le melodie, ma si riflette anche in Miseria e nobiltà, come da sempre nelle opere buffe degne di questo nome.

La regia è di Rosetta Cucchi, regista dalla personalità travolgente, autrice di spettacoli che sempre lasciano il segno. Le scene sono di Tiziano Santi e i costumi di Gianluca Falaschi, che con Rosetta Cucchi hanno da tempo un proficuo sodalizio artistico, mentre Luciano Novelli, direttore degli allestimenti scenici del Carlo Felice, firma le luci. Sul podio, un giovane direttore, Francesco Cilluffo, a coordinare un cast di alto profilo (arricchito dai mimi/danzatori del Deos) che, alla pari del pubblico, vivrà l’emozione unica di partecipare al momento della nascita di un’opera: Valentina Mastrangelo (Bettina), Francesca Startorato (Peppiniello), Martina Belli (Gemma), Fabrizio Paesano (Eugenio), Nicola Pamio (Cameriere/Contadino), Alessandro Luongo (Felice Sosciammocca), Alfonso Antoniozzi (Don Gaetano), Andrea Concetti (Ottavio).                          

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