A Palazzo Ducale, la mostra di Raimondo La Magna: il travaglio di un artista da scoprire

Raimondo La Magna

Genova, 27/10/2017.

La mostra dell'artista genovese Raimondo La Magna è davvero una piacevole scoperta. Sconosciuto ai più, nelle sue opere c'è tutto il travaglio di una vita piena di contrasti, che si legge nella rappresentazione di figure umane ripiegate su se stesse, contorte, sottili. Ma accanto a questa sofferenza del corpo o degli sguardi c'è la forza di un colore che ti conquista.

L'esposizione Raimondo La Magna. Una scoperta, nella Sala Liguria di Palazzo Ducale, visibile dal 28 ottobre al 12 novembre (ingresso libero, da lunedì a domenica ore 9-19 e vnerdì ore 9-21), attraverso trenta opere, ripercorre la vita e l'esperessività di quest'uomo-artista di cui si sa poco, ma i cui dipinti meritano di uscire fuori dal laboratorio in cui sono stati chiusi fino a oggi.

Ma chi era, questo genovese schivo e dalla vita ritirata?  «Era un personaggio molto appartato, che non ha mai voluto né vendere né esporre i suoi quadri. Un uomo molto esigente anche con se stesso», racconta Luciano Caprile il curatore. Di lui infatti si conservano poche opere («Ne ha distrutte tante e su altre ci ha ridipinto sopra»),  ma sufficineti per raccontarlo.

«La sua è una pittura travagliata con un taglio surreale-metafisico e anche espressionista. Con delle citazioni di Picasso che vediamo soprattuto in due opere, in cui riprende altri dipinti dell'artista spagnolo». Ma la sua interpretazione dell'arte non si ferma qui, va oltre il già visto: «Al di là dei riferimenti culturali - spiega sempre il curatore - lui ha messo in campo questo travaglio interiore trovando la sua strada e un suo stile. Chi verrà alla mostra, infatti, avrà la possibilità di specchiarsi in un artista che ha interpretato il proprio tempo con tutte le sue contraddizioni». 

Nelle opere esposte, realizzate tra il 1980 al 2003, ci sono le figure di personaggi in travaglio; le nature morte, alcune di taglio cubista e una serie di maschere, e un autoritratto in cui è visibile una duplicità: due occhi che si guardano, scomposti. Al centro della Sala Liguria, anche due teche che racchiudono degli studi di opere in cui si vede l'evoluzione del dipinto, il cambiamento del tratto

Nato nel 1936 a Genova e morto nel 2016, ha passato la prima parte della sua vita facendo il cartellonista, mentre negli ultimi 30 anni si è dedicato alla pittura e 15 anni prima di morire ha avviato dei corsi d'arte rivolti a  non professionisti: «Ma non ha mai affrontato questo ruolo - spiega Caprile - in maniera critica, giudicando gli allievi, ma ci teneva a tirar fuori il loro talento».

E sono stati proprio gli allievi dell'associazione Anziani Oggi-Argento vivo, a un anno dalla morte, a decidere di promuovere la prima vera personale di La Magna, «affinché avesse quel riconoscimento che in vita non aveva mai voluto, perché non voleva esporsi», spiega la figlia Maria Paola La Magna.  

Un artista controverso e un uomo travagliato, appunto, che  «è stato anche un papà molto difficile», confida la figlia non nascondendo l'emozione e il nodo in gola per un rapporto che ha avuto bisogno di tempo per costruirsi e consolidarsi. «Ma negli ultimi anni di vita ha chiesto di vivere a casa mia e così ci siamo incontrati». E anche se l'arte non è il mestiere di Maria Paola conosce la costruzione delle opere di suo padre, come se ci fosse stata anche lei in quella stanza dove i sentimenti diventavano un tratto sulla tela: dall'uso del colore «per lui fondamentale», alla composizione, «molto cuata con un'entrata e una fuga. Se si osserva attentamente, in ogni opera c'è sempre un punto in cui si entra nel racconto e poi un'uscita che può essere indicata da una mano uno sguardo...».

Il ritratto che ne viene fuori è quello di un uomo sorprendente e geniale che ha trasferito nelle immagini la sua esperienza di vita. E come ogni esperienza di vita, merita di essere osservata. 

Di Rosangela Urso

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