Don Gallo, il ricordo nel libro La profezia del Don: Papa Francesco, scritti inediti e foto

Genova, 15/09/2017.

Era il 22 maggio 2013 quando Don Andrea Gallo se ne andò. Prete di strada, al fianco dei deboli e dei più bisognosi: Don Gallo era Il Prete. Il suo sguardo attendo era rivolto a loro: tossicodipendenti, transessuali, immigrati ed emarginati, senza mai perdere la fiducia nei più giovani.

Lo abbiamo visto con la sciarpa del Genoa al collo, camminare nei "suoi caruggi", dove oggi sorge Piazza Andrea Gallo nel Ghetto ebraico di Prè. Il suo sguardo guardava a una chiesa cattolica più moderna, inclusiva e votata al cambiamento.

Per ricordarlo, da giovedì 14 settembre 2017, si può trovare in edicola e nelle librerie il libro La profezia del Don. Quella di Francesco è la Chiesa che sognavo (Don Andrea Gallo, Loris Mazzette). Al suo interno si trovano contributi inediti scritti, con le tanto di ultime parole del Don e immagini dall'archivio Don Andrea Gallo della Comunità San Benedetto al Porto. E sembra un segno del destino che, due mesi dopo chePapa Bergoglio è diventato Papa (13 marzo 2013), Don Gallo se ne sia andato.

Un testamento spirituale che spazia dal Vangelo alle politiche sociali, alla giustizia uguale per tutti, in cui il Don confida anche le sue ultime impressioni riguardo il nuovo pontefice: «Papa Bergoglio ha riempito il vuoto lasciato da Giovanni XXIII, la Chiesa ora non è più sede vacante». Proprio per questo l'ambizione del libro è che Francesco, come è successo con don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari, possa presto riconoscere pubblicamente l'impegno di Andrea Gallo per gli ultimi.

Quel riconoscimento che la gerarchia ecclesiastica non ha mai voluto rendergli nonostante abbia trascorso la vita mettendo in pratica gli insegnamenti di Gesù, partendo dalla virtù che dovrebbe essere alla base di un uomo di chiesa: la povertà. In questo documento, che raccoglie le ultime parole del prete di strada che ci ha lasciati nel maggio 2013, don Gallo affronta, tra le altre cose, anche il tema della morte, che «non va intesa come la fine dell'uomo, ma come l'uomo che diventa invisibile e con occhi pieni di gioia guarda i nostri pieni di lacrime».

Di Andrea Sessarego

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