Cos'è lo ius soli? Migranti, rifugiati e cultura a Genova

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Genova, 19/06/2017.

Il 15 giugno scorso si è scatenato un confronto fuori controllo rispetto all'approvazione della legge sullo ius soli temperato e lo ius culturae. Di cosa si tratta? In breve, il primo prevede che un bambino nato in Italia diventi italiano se almeno uno dei due genitori è legalmente in Italia da almeno 5 anni; se il genitore in possesso di permesso di soggiorno non proviene dall’Unione Europea, deve aderire ad altri tre parametri: un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale; avere un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità di legge; superare un test di lingua italiana. L'altro strumento per ottenere la cittadinanza se minorenni è lo ius culturae, che è legato alla frequentazione delle scuole in Italia. Secondo questo strumento i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni devono frequentare le scuole italiane per almeno 5 anni e superare almeno un ciclo scolastico (elementari o medie); se nati all’estero, ma in Italia fra i 12 e i 18 anni, possono ottenere la cittadinanza dopo almeno 6 anni di residenza in Italia e avendo superato un ciclo scolastico. 

Intanto, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato (20 giugno), sono tante le iniziative organizzate a Genova, in Italia e nel mondo, che fanno da controcanto tra incontri, mostre, musica e spettacoli. Si affronta la tematica della migrazione e, in particolare, quella dei richiedenti asilo a partire da altri presupposti: i vissuti di migranti e operatori al di là di scandali mediatici e politici. E così anche al Porto Antico, dove la diciannovesima edizione del Suq Festival - Teatro del dialogo offre come sempre una ricca proposta gastronomica di artigianato etnico, musicale, teatrale e, con rinnovata energia, anche tante occasioni di approfondimento e dibattito su cultura e intercultura, viaggi e migrazioni dell'oggi e nella storia.

In questo contesto abbiamo colto l'occasione per fare quattro chiacchiere con Andrea Torre del Centro Studi Medì, per darci un aggiornamento sull'attuale situazione delle comunità etniche residenti a Genova e per capire qualcosa di più su fenomeno migratorio e cittadini stranieri in Liguria.

In una comunicazione del Comune di Genova dell'ottobre 2016, la situazione era ben documentata: «54.406 gli stranieri residenti a Genova, di cui 29.225 donne e 25.181 uomini». Si trattava di dati aggiornati «al 31 dicembre 2015» che parlavano di un decremento del 3,7 per cento rispetto all’anno precedente (2014, ndr). Detto questo, da tempo si individua nella comunità sudamericana quella proveniente dall'Ecuador il gruppo etnico più consistente nel capoluogo ligure, ma sono cambiate le cose in questi ultimi anni? «La situazione si è stabilizzata in termini quantitativi e ci restituisce un quadro che si è formato dopo anni di immigrazione. In questi ultimi tre anni si associa alla questione migratoria quella, molto diversa, dei richiedenti asilo, che è diventato un fenomeno tanto urgente da cancellare le problematiche di chi è qui da molti anni. Comunque gli ultimi dati su Genova parlano di quasi 15mila ecuadoriani (14.998, di cui 8.520 donne e 6.478 uomini), di circa 6.000 albanesi, poi intorno ai 5.000 ci sono migranti da Romania e Marocco, seguono peruviani e cinesi intorno ai 2.500».

Se questo è il quadro attuale e poco diverso rispetto agli ultimi dieci anni, che cosa ha portato a questa stabilizzazione? «Non ci sono stati più visti di ingresso, di conseguenza sono in diminuzione anche i ricongiungimenti familiari; quindi la situazione si è abbastanza cristallizzata. Sono cresciuti un po' le persone provenienti dall'Ucraina (1.934) e dal Bangladesh (1.111). Se ci spostiamo sulla questione dei richiedenti asilo, nell'ultimo anno sono aumentati di 500 unità a Genova città, quindi in generale si individua una leggera flessione o aumento». 

Allo stesso tempo, se si restringe lo sguardo alla categoria migranti, i numeri scendono: «2.564 sono diventati cittadini italiani e questo è un dato in crescita. Queste cittadinanze sono tutte legate alla residenza e non più, come accadeva un tempo, al matrimonio. Il che significa che queste persone sono state per 10 anni residenti continuativi. Questa è l'altra ragione di una riduzione sulle fluttuazioni. Dal 2014-15, la popolazione dei migranti in Italia è scesa perché i numeri sono più alti rispetto alle pratiche di cittadinanza. Sui dati Istat non ci sono indicazioni sulle nazionalità, ma ovviamente quelli che prendono la cittadinanza escono dal conteggio e quindi basta osservare quali comunità diminuiscono in percentuale per capire come vanno le cose».

Veniamo ai richiedenti asilo: «Alla fine dell'anno scorso (2016) erano più o meno 2.500/2.600 su Genova città. Più o meno la metà di quelli accolti in Liguria. Fino al 2013 nel sistema di accoglienza sono arrivate 22mila persone, mentre negli ultimi tre anni i numeri sono cresciuti molto rispetto al sistema di accoglienza, che ne ha registrati su tutto il territorio italiano 180mila. Occorre tenere conto, però, che ormai l'unico canale aperto veramente è quello Libia-Italia, per cui va da sé che molti sbarchino da noi, ma in realtà la loro destinazione desiderata non è l'Italia».

Quindi i numeri dell'accoglienza vanno compensati con quelli di chi esce dall'Italia per raggiungere altri paesi? «In teoria sì, ma in pratica la situazione è complessa, ci sono tre diverse tipologie: chi ottiene l'asilo pieno con lo stato di rifugiato ha libertà di movimento e spesso raggiunge parenti o amici fuori dall'Italia, ma sono pochi. Ci sono poi quelli che hanno la cosiddetta protezione sussidiaria, concessa a chi viene da paesi con una situazione di violenza generalizzata. Infine ci sono quelli che vengono individuati come rifugiati per motivi umanitari, che però hanno meno libertà di movimento e quindi non possono lasciare l'Italia». 

Cosa manca per rendere la situazione più fluida e favorevole al libero moviemento? «Sono due i problemi principali: manca ancora uno schema europeo di organizzazione dei migranti; infatti il punto non è il numero assoluto, ma la presa in carico nell'accoglienza - un sistema che funziona a singhiozzo, seppure è vero che il fenomeno è in crescita. Nel 2007 sono stati rilasciati 100mila permessi in Italia. Ora, invece, i richiedenti asilo arrivano in una città senza reti di sostegno o di collegamento, vengono smistati un po' a caso e questo li rende più visibili, fragili e crea la questione dei costi; drenano welfare rispetto a chi entrava in Italia con già una famiglia o un lavoro e aveva da subito un appoggio per l'inserimento». 

E la cultura che ruolo ha? Può, come l'educazione, svolgere un ruolo inclusivo? «All'interno del mondo degli stranieri c'è una stratificazione abbastanza evidente. Non si possono più far risalire a un principio univoco. Complessivamente gli stranieri hanno ancora una condizione diversa rispetto all'accesso al mondo del lavoro, ma molti svolgono lavori stabili. Altri hanno problemi di precariato. Dal punto di vista dei servizi le persone inserite stabilmente hanno accesso sia ai servizi socio-sanitari che alla scuola e sono molti i giovani che ora vanno all'Università. Sono le seconde generazioni, cittadini italiani. Sono circa 10mila le persone che sono diventate italiane e non hanno più la problematica, per esempio, di vedere la loro cittadinanza messa a rischio dal lavoro. Queste persone contribuiscono a mantenere il welfare, anche perché sono generalmente più giovani e contribuiscono più a lungo. Tutte le stime annuali dei vari ministeri evidenziano che, tra quanto si spende e quanto loro contribuiscono, il saldo è pienamente favorevole».

Tornando alla cultura, al mondo artistico e degli eventi: «Fino ad adesso si è pensato di coinvolgerli nella loro dimensione etnica e quindi li si è chiusi in uno stereotipo. Bisognerebbe liberarsi di questo pregiudizio, pensando che il giovane di 18 anni ha modalità e linguaggi che non sono riconducibili a fenomeni culturali etnici, ma piuttosto generazionali. La questione della comunità e del gruppo è labile, perché l'idea che ci si ritrovi per aggregazioni in comunità etniche è un altro stereotipo. Ci sono magari piccoli gruppi, al di là di momenti particolari della vita di ognuno, che si riconoscono in forme di religiosità. Ma anche lì non ha senso pensare a una comunicazione interna costante in cui ognuno si riconosca interamente ed esclusivamente. Ognuno ha interessi e idee politiche diverse anche nell'ambito dello stesso credo. In realtà, quella della comunità è un'idea un po' finta e poco rilevante: anche sui luoghi religiosi ci sono idee diverse e sensibilità diverse, o nazionalità diverse che frequentano luoghi di culto in maniera personale e quindi disomegenea. Creare proposte ad hoc significa ripercorrere uno stereotipo».

Che dire dello scandalo scatenato nei giorni scorsi intorno allo ius soli? «Sconcertante che venga strumentalizzata in maniera così forte una legge (approvata in Parlamento nel 2015, ndr) che non fa altro se non rispondere a una situazione reale e un po' assurda: ci sono bambini che non sono mai stati - o ci sono stati solo un paio di volte - nel paese dei genitori, quindi sentono loro il paese dove sono nati e cresciuti. Con lo ius soli si tratta di prendere atto della scelta di persone che in Italia hanno frequentato l'asilo nido, la materna, le elementari, le medie, ecc». 

E si tratta di restituire libertà di identità. Pensiamo ai nostri figli, che migrano verso altri contesti dove trovare altre occasioni di lavoro, altri contesti dove proseguire la propria formazione, dove con un passaporto e una cittadinanza si possono fare delle scelte temporanee o di vita e crescita personale. Insomma con una cittadinanza viene restituita la dignità di scegliere in autonomia chi essere e diventare.

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Ecco gli eventi organizzati a Genova in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.

Martedì 20 giugno, ore 18, al Suq Festival, in piazza delle Feste, un incontro dal titolo Migranti da sempre, dalla preistoria una umanità in viaggio. Un'occasione per presentare il progetto teatrale Il lungo viaggio a Ventimiglia e dialogare sul tema delle migrazioni, di ieri e di oggi, insieme a Alessandra Ballerini avvocato Associazione Diritti e Frontiere, Fabio Capocaccia presidente Centro Internazionale Studi Emigrazione Italiana, Antonella Traverso direttore Musei Archeologici Polo museale della Liguria, Carla Peirolero, Suq Genova. Conduce Alberto Puppo, giornalista de La Repubblica. In collaborazione con Comunità di San Benedetto al Porto. A seguire canti di Koromoro: rifugiati e studenti del Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti

Martedì 20 giugno, ore 22, presso i Giardini Luzzati-Spazio Comune, l’Alleanza delle Cooperative Liguria presenta, a ingresso gratuito, lo show case di Frankie hi-nrg mc e una serie di iniziative nel corso di una giornata (dalle ore 19.30) che ha titolo Potere alla parola! La buona accoglienza (Non è un film), pensata per promuovere la Buona Accoglienza Migranti nella Giornata Mondiale del Rifugiato. Frankie hi-nrg mc, da tempo sostenitore di Acra e di Emergency, appena rientrato da un viaggio umanitario in Senegal, incontrerà negli alloggi, nei laboratori di inserimento lavorativo e nelle scuole di italiano gli ospiti stranieri e il dialogo fra loro verrà registrato per la realizzazione di un video che resterà come memoria di questa importante giornata per Genova.

Mercoledì 21 giugno, ore 18.30, ai Giardini Luzzati-Spazio Comune, in occasionde della Giornata Mondiale del Rifugiato e degli eventi organizzati dal 19 al 23 giugno (mostre, sport, cibo e dibattiti), si terrà un incontro con Medici Senza Frontiere (MSF) per riprendere a parlare di migrazione sopra ogni polemica. Protagonisti Nicola Pisani, del Board di MSF Italia, e Chiara Montaldo, infettivologa, operatrice umanitaria genovese, appena rientrata dal Libano e con una vastissima esperienza con MSF. Introduce Marco Montoli, presidente del Ce.Sto, modera Enrico Neri, coordinatore Ce.Sto progetti - responsabile Sviluppo Cooperativo e ambito Internazionale.

Giovedì 22 giugno, ore 17, al Suq Festival, in piazza delle Feste, si terrà un confronto pubblico dal titolo Il teatro è solo bianco? E il pubblico?, in collaborazione con Goethe-Institut Genua e Ateatro.it. 
Si parlerà di teatro, intercultura, rinnovamento del pubblico in Italia e in Europa in compagnia di Lucio Argano, Roberta Canu, Micaela Casalboni, Mimma Gallina, Olivier Elouti, Alessandra Rossi Ghiglione, Laura Sicignano. Conduce Laura Santini, giornalista di mentelocale.it

Giovedì 22 giugno, ore 21.30, al Teatro Sociale in scena DanceMe-Migrations di Giovanni Sabelli Fioretti e Giuseppe Espositoun progetto targato Perypezye Urbane, sostenuto da Compagnia di San Paolo, Fondazione Carige e Mibact, che fonde danza contemporanea e tecnologia mobile per raccontare il dramma dei migranti. Per la prima volta nella storia della danza italiana, si sperimenta dunque una residenza artistica virtuale accessibile a tutti e basata su tecnologia mobile. Sarà anche presentata in anteprima la performance Difficilissimo, nata da questo particolare percorso creativo e danzata da Antonio Marino. Dopo la performance, gli spettatori sono invitati a un talk sul rapporto tra arti e migrazioni. Parteciperà lo staff di DanceMe insieme ad Alessandro Cavalli, docente di Sociologia – Università degli Studi di Pavia.

Di Laura Santini

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