Museo Chiossone: dai bronzi ai vetri di Oki Izumi, Giappone e Cina in mostra

Contenuto in collaborazione con il Comune di Genova.

Genova, 01/06/2017.

Al Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova è visitabile, da venerdì 31 marzo 2017 e fino a domenica 4 marzo 2018, la mostra Cibo per gli antenati, fiori per gli dei. Trasformazione dei bronzi arcaistici in Cina e Giappone a cura di Donatella Failla. La rassegna, inserita nelle celebrazioni ufficiali del 150esimo anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia, rimane aperta al pubblico per un anno intero, vista l’importanza e l’esclusività dei pezzi esposti, una serie di manufatti in bronzo e metallo, in parte di proprietà del Civico Museo Genovese, esposti assieme ad altri provenienti dal Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma, dal Museo d’Arte Cinese ed Etnografico di Parma oltre a collezioni private. Si può visitare la mostra a Villetta Di Negro nel seguente orario: martedì-venerdì dalle 9 alle 19; sabato e domenica dalle 10 alle 19.30 (lunedì chiuso).

I manufatti in mostra, tutti realizzati in bronzo e metallo sono pezzi arcaistici cinesi, di rilevante importanza, databili dalla dinastia Song Meridionale (1127-1279) fino alla fine del secolo XIX, importati in Giappone a cominciare dal periodo Muromachi (1393-1572), e documentano sia il plurisecolare interesse cinese per le antichità, sia il gusto giapponese, coltivato dall’aristocrazia militare, dal clero buddhista e dai maestri del tè, di collezionare vasi cinesi in bronzo in stile arcaistico. Dal secondo millennio a. C. fino alla fine della dinastia Han nel secolo III d.C., i vasi in bronzo della Cina arcaica erano impiegati nelle offerte rituali di carni, cereali e bevande fermentate agli Antenati.

La loro riscoperta in epoca storica, al tempo della dinastia Song Settentrionale (960-1127), comportò non solo il tentativo di ricostruire i contenuti e i significati dei riti antichi, ma anche l’esigenza di documentare e studiare il vasellame rituale in bronzo dell’Antichità sia mediante classificazioni e catalogazioni illustrate, sia mediante la riproduzione in bronzo e ceramica degli esemplari arcaici. Questo rilevante fenomeno di studio, copia e riproduzione delle antichità, noto in Occidente come ‘arcaismo’ o ‘produzione arcaistica’, durò ininterrottamente fino alla fine della dinastia Qing (1644-1911). Tuttavia, alla fine del primo millennio dell’era volgare, gli universi religiosi e spirituali della Cina erano irreversibilmente cambiati rispetto a quelli arcaici: non più soltanto gli Antenati, bensì anche gli Immortali del Taoismo, i Risvegliati e i Bodhisattva del Buddhismo, insediati nei templi e sugli altari, richiedevano culto e offerte acconce, differenti da quelli antichi: vale a dire, fiori, incenso e luce di lampade o candele. Così, nei vasi anticamente ricolmati di offerte di cereali si bruciava incenso, nei vasi e nei calici un tempo usati per contenere e libare il vino agli antenati si componevano fiori.

I bronzi cinesi in stile arcaistico importati nell’arcipelago giapponese dal secolo VII fino al XIX erano destinati essenzialmente alla corte imperiale, ai grandi monasteri buddhisti e, dalla fine del secolo XIII in avanti, anche all’aristocrazia militare. In Giappone queste opere d’importazione appartenevano alla speciale categoria dei karamono kodō 唐物古銅, oggetti cinesi in bronzo avidamente ricercati, collezionati e custoditi dall'élite politica durante i periodi Muromachi (1393-1572), Momoyama (1573-1600) ed Edo (1600-1868). Ebbene, questi bronzi, che insieme ad altri karamono quali calligrafie, dipinti, lacche intagliate e ceramiche celadon rappresentano l’espressione del prestigio culturale del Giappone legato al possesso dei capolavori cinesi, sono parte essenziale della storia dell’arte e del gusto giapponese, sui quali esercitarono influssi profondi nel corso dei secoli.

I vasi da fiori cinesi (karamono hanaike 唐物花生) dei secoli XIII-XVIII appartenenti al Museo Chiossone sono opere d’alto valore artistico, culturale, simbolico e tecnico. I più antichi vasi cinesi d’importazione nella collezione Chiossone risalgono ai secoli XIV-XV: erano impiegati nella decorazione zashiki kazari 座敷飾 - vale a dire, nelle esposizioni ornamentali preparate nelle sale di rappresentanza e da ricevimento delle residenze feudali. I bronzi cinesi delle epoche successive, databili ai secoli XV-XIX, cioè dal medio periodo Ming al periodo Qing tardo e finale, trovarono collocazione sia nell’ambito della cerimonia del tè (chanoyu 茶の湯) sia negli ambienti dei bunjin 文人, i letterati sinofili che praticavano la via del tè infuso (senchadō 前茶道). Svariati dei vasi da fiori importati dalla Cina appartenenti al Chiossone sono strettamente comparabili a esemplari storicamente classificati in Giappone come opere celebri (meibutsu 名物) o di grande rinomanza (ōmeibutsu 大名物), appartenute in passato a collezioni aristocratiche e a grandi maestri del tè e trasmesse ai patrimoni dei musei giapponesi pubblici e privati fino all’epoca contemporanea.

Infine, occorre considerare che nelle collezioni di Genova svariati rikkahei 立花瓶 giapponesi - vale a dire, grandi vasi in bronzo per le composizioni floreali formali, prodotti dalla fine del secolo XVI ai primi del XIX da bronzisti specializzati noti come maestri di vasi da fiori (ohanaire-shi 御花入師) - attestano sia l’esemplarità artistica e culturale attribuita all’antica tradizione del collezionismo d’antichità cinesi, sia la creazione selettiva, da parte dei grandi bronzisti giapponesi, di uno stile arcaistico d’ispirazione cinese pienamente consono al gusto locale.

Il viaggio in Oriente al Museo Chiossone continua con la mostra Ponte di luce: Vetri di Ōki Izumi, inaugurata mercoledì 19 aprile e visitabile fino al Primo ottobre 2017. Si tratta di una personale della scultrice giapponese, il cui lavoro rappresenta il profondo, duraturo e sempre attuale legame artistico e culturale tra Italia e Giappone. L’esposizione presenta opere in vetro industriale, appositamente realizzate per aprire un dialogo ideale con le opere antiche esposte nel Museo e rappresentare, al contempo, la continuità visiva tra passato e presente. Questi gli orari della mostra Ponte di luce: da martedì a venerdì ore 9-19; sabato e domenica 10-19.30 (lunedì chiuso).

Da diversi anni, Ōki Izumi lavora esclusivamente vetro industriale, materiale che esprime l’orientamento dell’artista verso l’astrazione. Questo tipo di vetro, diverso dal pregiato e limpido cristallo, è quel materiale di color verde-azzurro che ben si presta a richiamare gli elementi naturali dell’acqua e dell’aria cari alla cultura giapponese. Stratificando le lastre le une sulle altre, oppure elevando i pezzi in verticale, Ōki Izumi dà forma a sculture astratte, vasi, architetture misteriose che si lasciano guardare internamente e in trasparenza. Il vetro, infatti, è la materia più adatta per esprimere il proprio mondo interiore, la ricerca di continuità tra mondo psichico e fisico, perché imprigiona uno spazio visibile, che nondimeno cambia in funzione della luce che lo tocca. Da qui prendono forma sculture oniriche che, come affermò Munari, riflettono e fanno riflettere.

Le opere di Ōki Izumi, inoltre, sono caratterizzate da un iter progettuale scrupoloso, da un processo esecutivo finemente calcolato e da una grande capacità tecnica, requisiti indispensabili a compiere il processo di creazione delle opere. Da questi aspetti, emerge l’impronta della cultura artistica giapponese: raffinata, armoniosa, ricca di tradizione, disciplina e rigore. Ōki Izumi, nata a Tokyo, dopo aver concluso gli studi classici all’Università Waseda ha ottenuto una borsa di studio per perfezionarsi all'Accademia di Brera a Milano, città nella quale tuttora vive ed lavora. Figura di riferimento nel panorama artistico contemporaneo, come documentano gli scritti a lei dedicati da Gillo Dorfles, Bruno Munari e Tommaso Trini, è stata invitata a esporre ai più importanti appuntamenti artistici italiani, giapponesi e internazionali, quali la Biennale di Venezia (1985, 1986), la Triennale di Milano (1986) e la Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea di Roma (1992) ed è presente con le sue opere in prestigiose collezioni private e pubbliche. Ōki Izumi collabora con ESH Gallery, galleria d’arte contemporanea di Milano specializzata in arte orientale.

Il Museo Chiossone custodisce la più rilevante collezione d’arte giapponese tradizionale e moderna in Italia e una delle più importanti in Europa. Formato da Edoardo Chiossone (1833-1898) durante il suo lungo soggiorno in Giappone, il patrimonio museale comprende oltre quindicimila opere e ha sede in un edificio museale appositamente progettato e costruito da Mario Labò nel parco comunale di Villetta Di Negro, in posizione panoramica sulla città.

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