Don Carlo: una sfida per il Teatro Carlo Felice

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Genova, 05/04/2017.

«Siamo coraggiosissimi - esordisce Maurizio Roi - il Don Carlo è un'opera costosa e impegnativa, lunga e difficile. Una di quelle che nel teatro lirico italiano non si mette in scena perché, si dice, non c'è nessuno all'altezza del ruolo di Don Carlo. Un'opera aperta sia musicalmente sia nel testo, a parte il grande inquisitore, che carogna è e carogna resta, ma dopo ogni replica ci si continua a interrogare, sempre».

In un allestimento nuovo nuovo (ha debuttato nell'estate del 2016), in coproduzione con la Fondazione Teatro Regio di Parma e l'Auditorio de Tenerife Adán Martìn, il Carlo Felice propone, dal 21 aprile al 2 maggio 2017 - il 21 e 26 (ore 19), 30 aprile (ore 15.30) e 2 maggio (ore 15.30) -, l'opera più monumentale di Giuseppe Verdi, quella in cui il compositore fa emergere i temi a lui più cari: l'onere e l'onore del potere, Chiesa contro Stato, l'amore contrapposto al matrimonio, lo scontro tra generazioni, il conflitti tra classi sociali e i diritti di libertà.

A proposito del tema del potere, che in quest'opera in quattro atti viene declinato e presentato in tutte le sue sfaccettature, Roi sottolinea la «fortunata coincidenza per cui andremo in scena affiancando il cartellone de La storia in piazza, il ciclo di incontri a Palazzo Ducale quest'anno dedicato agli Imperi» - 6-9 aprile. In particolare, nella giornata (6 aprile) di apertura della rassegna, sullo Scalone Principale del Ducale, saranno in mostra i costumi della scena dell'incoronazione di Filippo e Elisabetta di Valois di Maurizio Balò.

Le ragioni del nuovo allestimento sono più di una: «La prima è forse legata al fatto che sono molti anni che non si fa a Genova. C'era poi l'occasione di metterlo in scena nella versione del 1884, in coproduzione con il Teatro Regio di Parma, che per il debutto ha chiamato Michele Pertusi, un grandissimo basso. Abbiamo cambiato il cast anche nell'ottica di attirare i melomani di Parma a rivivere un lavoro attraverso altri interpreti seppur rispettoso dell'impianto registico creato da Cesare Lievi».

Sul rapporto con Parma, Roi si sofferma segnalando i punti di contatto con Genova, da rintracciare nelle figure di Verdi e Paganini, che offrono «una ragione di scambio e di incrocio. La storia musicale di Parma nasce con Paganini, ma in città la musica è un elemento pervasivo e popolare, lì c'è l'orchestra sinfonica più importante d'Italia, e se andiamo indietro con la storia, rintracciamo a Parma il luogo dove Paganini fu appunto chiamato a immaginare un'orchestra. Il rapporto di Verdi con Genova è stato tutt'altro. Verdi visse a Genova ma volle preservare questo luogo come residenza piuttosto che piazza professionale. Gli chiesero più volte di mettere in scena Falstaff, accettò una volta soltanto, perché a Genova voleva essere cittadino non il maestro».

Nella visione del sovrintendente per il futuro del Carlo Felice c'è uno schema ben chiaro che alterna «produzioni di impianto più popolare, tese ad allargare e consolidare un più ampio pubblico, e alcune operazioni di grande spessore come questo allestimento. Avere l'allestimento disponibile di un grande classico diventa un elemento importante per noi. Costruire una biblioteca di titoli è un altro obiettivo. Sto cercando di mettermi in casa i costumi dell'Elisir d'amore, perché sembrerà una banalità ma avere i costumi e le scene permette di riproporre un grande classico come repertorio. Per esempio della Turandot stiamo cercando di avere i costumi ma al momento non è facile e anche affittarli è molto costoso».

A Genova per la prima volta il Don Carlo arrivò nel 1887, relativamente presto rispetto alla versione del 1884, «sintomo che Genova accoglieva molta della produzione nuova del periodo, mentre non ospitava il grande repertorio». Tratto dal dramma di Schiller Don Carlos, Infante di Spagna, il Don Carlo di Verdi debuttò all’Opéra di Parigi (in lingua francese) nel 1867 e fu poi sottoposto dall’autore a numerose revisioni in vista delle riprese italiane: Milano, Scala, 1884; Modena, Teatro Comunale, 1886. Questo nuovo allestimento adotta la versione del 1884 in quattro invece che cinque atti.

Dal punto di vista musicale, nel Don Carlo cantanti e orchestra si contendono il testimone di protagonisti, mentre innumerevoli sono i momenti teatralmente e musicalmente forti nella versione dell'84, cosiddetta di Milano, in cui è tagliato il primo atto Fointanableu! Foresta immensa: per esempio l'aria di Elisabetta Non pianger mia compagna, il soliloquio Ella giammai m’amò, in cui Filippo, da potente re, si scopre uomo solo, vecchio e non amato dalla moglie; Son io dinnanzi al re?; il confronto tra bassi, incarnato dal faccia a faccia tra le due massime autorità Filippo e il Grande Inquisitore; Ma lassù ci rivedremo, duetto finale tra Carlo ed Elisabetta, dove i due amanti sono messi di fronte all'impossibilità assoluta del loro amore.

Di Laura Santini

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