Il Gabbiano alla Corte visto da Elisabetta Pozzi: «Che gioia fare teatro»

Andrea Sessarego
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Mercoledì 15 marzo, ore 17.30 nel foyer della Corte, Marco Sciaccaluga e gli attori della Compagnia de Il gabbiano incontrano il pubblico. Conduce Umberto Basevi. Ingresso libero.

Genova, 08/03/2017.

«Fare teatro mi diverte da impazzire». Elisabetta Pozzi lo dice con il sorriso sulle labbra. Quel teatro che ha messo davanti al cinema, pur vincendo il David di Donatello come migliore attrice non protagonista per Maledetto il giorno che t'ho incontrato (1992) di Carlo Verdone. Ne Il gabbiano di Anton P. Čechov, in programma al Teatro Stabile di Genova fino al 19 marzo, Elisabetta Pozzi interpreta Irina Nikolaevna Arkadina. E la prima nazionale di martedì 28 febbraio è stata un successo.

Martedì 7 marzo è l'occasione per parlare dello spettacolo e non solo. Organizzato alla Corte in collaborazione con Coop Liguria, l'incontro ha visto l'attrice genovese e protagonista dello spettacolo intervistata da Laura Guglielmi, direttora di mentelocale.it.

Irina è una donna volitiva, la cui volontà, forte e determinata, ma accompagnata da eleganza e fama, la rendono gradevole a tutti/e e il suo peccato di avarizia passa in secondo piano. Sul palco, la Pozzi interpreta un'altra attrice. «Čechov è magistrale nel descrivere i personaggi che gli attori mettono in scena - racconta - Il lato meno interessante di Irina è proprio l'essere attrice. Viene applaudita per come si veste, si pettina. Sui palcoscenici russi ha una sorta di aura, ma non è un granché come artista».

Chi è Irina? «Una persona amara. Ha un pessimo rapporto con il figlio e stride con tutti. Non si può descrivere come un personaggio sempre positivo. In realtà, tutti i protagonisti de Il Gabbiano riflettono il mediocre che c'è in noi, con i nostri chiaroscuri. Marco Sciaccaluga (regista di questa nuova produzione, ndr) ha lavorato molto su questo aspetto. I personaggi di Čechov vivono in relazione agli altri, e questo mi rende felice: sono anni che faccio monologhi e non ne posso più».

Elisabetta Pozzi è nata a Genova e ha frequentato la scuola dello Stabile. E si lascia andare: «Ho ricordi limpidi di quando il Teatro Stabile era in via Bacigalupo - dice - Erano tutti lì, e c'era una vitalità incredibile. Da giovanissima andavo a teatro scappando di casa e vedevo uno spettacolo anche quattro volte. La Genova degli anni '70? La città vecchia era quasi infrequentabile, ma ora finalmente respira. Quando lascio questa città, mi manca la sua volubilità, il suo mare».

Poi il debutto a fianco di Giorgio Albertazzi, che la sceglie come protagonista ne Il fu Mattia Pascal. «Ero una giovane molto annoiata, che non si sopportava - racconta - Quando arrivò quest'occasione andai al provino con gioia e una grande spinta giovanile. Finalmente ero con un grande attore sul palcoscenico, e mi divertivo. Come generosità e capacità di insegnamento, Albertazzi è stato il più grande. All'inizio era severo, poi ha cominciato a fidarsi di me. Ho lavorato con lui per 8-9 anni, prima di decidere di allontanarmi, così come ho fatto con il Teatro Stabile di Genova e la mia famiglia. Sono un'irrequieta».

Giorgio Albertazzi aveva notato un talento e una spavalderia particolari. «È vero - conclude - ma più vai in là con gli anni, più questa spavalderia viene meno. Perdi un po' di freschezza e spontaneità. Continuo a studiare su più fronti e la tecnica ce l'ho molto più chiara di prima, anche se sono meno sicura. C'è il rischio che i registi si fidino troppo, non interagendo più con te».

Di Andrea Sessarego

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