Morta Roberta Alloisio: il ricordo di Lorenzo Coveri

Annalisa Fornasari

La cantautrice Roberta Alloisio è morta la mattina di venerdì 3 marzo per un arresto cardiaco. I funerali si svolgeranno lunedì 6 marzo, ore 15, nella chiesa di San Benedetto al Porto.

Per ricordarla pubblichiamo, in versione ridotta, un saggio che il nostro collaboratore Lorenzo Coveri le aveva dedicato nel 2015 e che era stato pubblicato nel numero speciale (2, 2015)
della rivista In Verbis intitolato Lingua, canzone, identità.

Genova, 03/03/2017.

[…] Ma è a Roberta Alloisio (nata a Ovada in provincia di Alessandria, da anni a Genova) che si deve il più significativo esperimento di declinare il dialetto (genovese urbano, con qualche lieve inflessione monferrina nella dizione) al femminile, e in più a proiettarlo all’indietro nel tempo e a espanderlo nello spazio geografico.

Brava esponente (spesso in collaborazioni con il fratello Gian Piero) del teatro-canzone, buona presenza scenica (derivante dalla sua lunga esperienza col Teatro della Tosse), Alloisio aveva debuttato a soli tredici anni sul palcoscenico del Teatro Ariston di Sanremo, in occasione dell’esibizione al Premio Tenco dell’Assemblea Musicale Teatrale di Gian Piero. Proprio alla sua carriera teatrale Allosio attribuisce la scelta del dialetto: “Mi sono accorta, lavorando in teatro, che c’era una spontaneità, un’energia e una libertà che difficilmente si poteva trasmettere con altri mezzi.

Quindi ho capito che forse quella era la mia direzione, tutto mi veniva molto più istintivo e naturale. Lavoro in maniera anomala, spesso mi capita di cucire tra loro frasi in disuso, magari tratte da manoscritti anche molto antichi”. Esigenza di naturalezza ma insieme operazione squisitamente artistica, rivolta anche al recupero di testi della tradizione.

Nonostante molte altre prove musicali e teatrali (con Giorgio Gaber, con Francesco Guccini, con Massimo Venturiello tra gli altri) è solo al 2007 che risale il suo debutto nella canzone d’autore in dialetto con l’album Lengua Serpentina [Lingua Serpentina] (con l’Orchestra Bailam, 2007, arrangiamenti principali di Franco Minelli). “Da donde ne vegnì? / Donde ti ne vegni, / lengua serpentinn-a?” [Da dove ne venite? / Da dove ne vieni, / lingua serpentina?]: è la lingua che taglia, la lingua delle pettegole. La lingua delle donne, o delle donnette.

Qui Roberta Alloisio si misura con la grande tradizione popolare e letteraria della Liguria (la revisione linguistica, e le traduzioni, sono del poeta dialettale Alessandro Guasoni), dagli stornelli del gruppo di Ceriana IM (da cui la title track del disco, sorta di filastrocca arabeggiante) a testi anonimi come Primma che t’abandun-ne (arrangiato da Edmondo Romano); da verseggiatori antichi (audace e riuscito è il tentativo di mettere in musica, con la complicità di Gian Piero, le rime dell’Anonimo Genovese due-trecentesco, il padre della tradizione dialettale ligure, Noi che semper naveghemmo [Noi che sempre navighiamo]) a poeti più vicini a noi, gli ottocenteschi Giovan Battista Vigo (1844-1891; con inserti di una seconda voce in napoletano, tributo a una grande tradizione canzonettistica) e Bepìn da Cà [Giuseppe Cava] savonese (1870-1940). Nientemeno che al 1269 risale il testo religioso (in grafìa storica) I Xzeneijzi cum Maria [I Genovesi con Maria], e non manca il Dante di Paolo e Francesca, Inf. V (“amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende”…) nella traduzione in vernacolo (1905) del Padre Angelico F. Gazzo (“l’amou, che int’un cheu fin lesto o s’açende”…), con voce recitante di Germana Venanzini. Un album di quattordici tracce tutto in dialetto (Premio Teresa Viarengo 2009), tra passato e presente, tra testi letterari (volutamente in ordine non cronologico) e testi originali, in un suggestivo mix di note e di suoni: la riproposta di un dialetto, anzi di un volgare, arcaico, preserva l’operazione da ogni tentazione folkloristica e provinciale. E in direzione plurilingue è l’ultimo testo, anch’esso ispirato all’Anonimo Genovese, in cui il ligure antico si mescola disinvoltamente con l’arabo, ricordando il “progetto mediterraneo” di Fabrizio De André (è la canzone del Festival Suq, longeva manifestazione genovese di spettacolo e di integrazione promossa da Carla Peirolero).

Il percorso di Alloisio ha il suo seguito nell’album plurilingue del 2011 (arrangiamenti principali di Fabio Vernizzi) Janua, toponimo latinizzato di Genova, come ricorda la cantante («probabilmente viene dal latino porta e simbolicamente era indubbiamente molto forte, visto che andavo a raccontare soprattutto mondi femminili»). Il progetto è infatti dedicato alla donna “strega” e “venditrice di vento” (e Venditrici di vento è un bel brano di Max Manfredi, tra l’altro voce recitante con Adolfo Margiotta), ma anche monaca e sposa, tra italiano aulico e canto popolare, tra provenzale (l’anonima Al Pont de Mirabel) e, naturalmente, dialetto (dopo l’apertura con Gli occhi della mia bella, il seicentesco Gian Giacomo Cavalli con Donna, serpente de l’inferno crùa [Donna, serpente dell’Inferno crudele], ancora il Cava (E stelle do mè cheu [Le stelle del mio cuore]), l’anonima, popolare, Lanterna de Zena (“Lanterna de Zena / l’è fèta a trei canti / Maria co-i guanti / lascèla passà” [La Lanterna di Genova / è fatta a tre angoli / Maria con i guanti / lasciatela passare] e la classica Ave Maria Zeneize di Piero Bozzo e del Maestro Agostino Dodero, grande animatore del genovese in musica). Delle tredici tracce, cinque sono in dialetto, le altre in italiano letterario. Donna che apre riviere (musica di Bruno Coli) è una lirica di Giorgio Caproni. Il disco, che ha avuto importanti collaborazioni musicali (Mario Arcari, Armando Corsi, Marco Fadda, Piero Milesi, Esmeralda Sciascia) e ha ricevuto la Targa Tenco 2011 per la migliore interprete, rappresenta, dopo il primo album di impronta etnica, il più maturo approdo di Roberta Alloisio alla canzone d’autore, senza che l’artista abbia abbandonato del tutto quel suoprimo esperimento.

È recente (2014) il terzo CD di Roberta Alloisio, Xena Tango. Le strade del tango da Genova a Buenos Aires (in cofanetto con il libro omonimo di Giampiero Vigorito; [Xena è la grafia ispanoamericana per la s sonora – sorda in bocca argentina – del toponimo Zena, ma anche una grafìa antica]), che ricorda – in maniera perentoria e suggestiva – lo stretto legame tra la città e la metropoli argentina, meta di tanti emigranti liguri nell’Ottocento (all’emigrazione ligure nell’area rioplatense, e in particolare nel quartiere bonaerense della Boca si allude anche nel classico “inno” dei genovesi Ma se ghe penso; e ancor oggi i tifosi della squadra di calcio del Boca Juniors si chiamano Xeneizes).

Gli emigranti genovesi dovettero avere un ruolo non secondario nelle origini del tango, tanto che Jorge Luis Borges in Evaristo Carriego li accusò di averlo snaturato. E si pensi ai testi del tango, ricchi di elementi della varietà ibrida del cocoliche e di quella gergale del lunfardo, in cui si rispecchia il contatto tra la cultura ispanica e quelle degli emigranti, genovesi compresi.

Scrive Roberta Alloisio: «Stavo cercando da tempo una risposta plausibile alla provocazione di Borges che non sopportava il fatto che il vero tango avesse perso la sua purezza per via dei genovesi. […] Così ho caricato le mie valigie piene di studi, appunti e musiche e mi sono imbarcata nel progetto Xena Tango». Il lavoro, complesso e ambizioso, si avvale delle prestigiose collaborazioni del Maestro Luis Enriquez Bacalov (Premio Oscar 2010 per la colonna sonora del Postino) e del grande bandoneista Walter Ríos, e rappresenta un ulteriore salto di qualità nella carriera dell’attrice e cantante. Roberta Alloisio vi figura come autrice solo del testo genovese di Milonga do magon [Milonga del magone], da un’idea del paroliere genovese Giorgio Calabrese, che si fonde con naturalezza con il ritmo di milonga del giovane musicista argentino (anche lui di ascendenza genovese) Pablo Banchero (l’arrangiamento è di Walter Ríos) per declinare il tema della lontananza e della nostalgia: “Lenta va, canson do mà, chanson d’amour e de magon, / lenta va, cansòn d’amà, canson de sà e de pascion” [Lenta va, canzone del mare, canzone d’amore e di magone, / lenta va, canzone d’amare, canzone di sale e di passione]. Qui si gioca sull’assonanza tra ma “mare” e amà “amare”, e non si rinuncia alla citazione del titolo di Chanson d’amour di Wayne Shanklin, resa celebre dalle interpretazioni di Èdith Piaf e dei Manhattan Transfer. È un tango Barbòn [Barbone], patetico frugare nella memoria di un dropout, scritto da Vittorio De Scalzi, anima dei New Trolls recentemente approdato anch’egli a un disco in dialetto (Mandilli [Fazzoletti], 2008), che qui torna a collaborare con Bacalov, arrangiatore del brano, come ai tempi di Concerto Grosso, manifesto negli anni Settanta del rock prog italiano. La voce di Roberta Alloisio fa il resto. E Roberta canta i versi dialettali del fratello Gian Piero in Sposa [Sposa], ironico tango ispirato a un testo del settecentesco Steva De Franchi, e in Mi no veuggio èsemi [Io non voglio essere io], tango della solitudine e della disillusione femminile. Un grande classico della canzone genovese è poi A cansòn da Cheullia [La canzone del (rione della) Cheullia] scritta dalla coppia di autori di Ma Se ghe pensu, Mario Cappello e Attilio Margutti, ancora una volta sul percorso Genova-Buenos Aires, perché probabilmente ispirata a una melodia del grande Carlos Gardel ascoltata durante il fortunato soggiorno di Cappello tra i nostri emigranti nella capitale argentina.

In un omaggio al “pensiero triste che si balla”, non potevano mancare classici della tradizione come El dìa que me quieras (cavallo di battaglia di Gardel), Caminito (la melodia è di Juan de Dios Filiberto, di origini liguri), che si affiancano a composizioni più recenti e trouvailles (l’inedita Madre di Umberto Bindi, con testo di Gian Piero, Paloma y Corazón di Jaray e Carlo Marrale dei Matia Bazar, il singolare tango còrso di Stéphane Casalta tradotto in genovese da Alloisio a sottolineare anche i legami con la vicina isola), mentre l’eterna nostalgia dell’emigrante è rappresentata da Genova di Pablo Banchero, che grazie a questo progetto è tornato a rivedere la città lasciata dai suoi antenati. Ed è la cover, inevitabile, di Italiani d’Argentina di Ivano Fossati (2011) a chiudere il cerchio della nostalgia aperto con [Ma] se ghe penso e a concludere il viaggio oltre Oceano di Roberta Alloisio.

Un progetto non solo plurilingue, ma di respiro internazionale. Così la cantante, autrice e interprete genovese è passata dalla ricerca di una lontananza linguistica nel tempo (Lengua serpentina, in parte Janua) ad una nello spazio geografico (Xena Tango). E c’è da scommettere che le sorprese non saranno finite.

Di Lorenzo Coveri

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